lunedì 28 marzo 2011

simbolismi

Dalle finestre delle case affacciate sul fiume sventolano ancora le occasionali bandiere, tutte italiane tranne una: un balcone al penultimo piano ha preferito issare il jolly rogers.

Non è una zona elegante della città. Lasciando alle spalle l'appartamento piratesco supero il ponte metallico e la prima cosa che sento è l'odore di urina. Poi inizia il mercato dell'usato. File di scarpe usate, pile di libri consunti, cumuli di ferramenta rugginosa. Si chiama Balon e si estende all'aperto ogni sabato, lungo le via che vanno dalla dora fino alla piazza di porta palazzo.
Non penso a guardare di che colore sia il cielo. Probabilmente è grigio. Il giorno dopo avrebbe piovuto.

Tre abiti da sposa sono appesi a una cancellata. Oscillano leggermente al vento, forse ricordando quell'unico giorno in cui sono stati importanti e ammirati. Sotto di loro i vestiti logori sulla bancarella sono di un grigiore uniforme.

Un suonatore di fisarmonica cerca di elemosinare qualche moneta con una melodia che so di avere già sentito ma che non saprei identificare con esattezza. Un centinaio di metri più in là un uomo ha appena comperato un manichino. Armeggia cercando di infilare il suo acquisto in un vecchio zaino da montagna. Lo ha diviso all'altezza della vita e adesso dallo zaino spunta una testa innaturalmente glabra. A terra, un paio di gambe in plastica grigia attende il suo turno, troncato subito al di sopra dei glutei .

Non amo molto i libri in cui i simbolismi sono troppo evidenti. Soprattutto quando è evidente la ricerca del simbolismo ma non è chiaro cosa vorrebbe rappresentare.

A volte, però, mi sembra di esserci finito dentro a un libro del genere.

sabato 26 marzo 2011

No, no! I Romani!

Non dubito che andasse avanti da un pezzo, ma di persona ho visto il primo segno evidente un anno fa. Il rappresentante sindacale presso la mia ditta ha mandato una mail in cui invitava gli iscritti a una riunione e accennava a argomenti di particolare gravità.

Così sono andato, chiedendomi cosa stesse succedendo. Forse la compagnia per cui lavoro intendeva trasferirci tutti nelle miniere di sale? Dimezzarci lo stipendio? Demansionarci e mandarci a lucidare i denti ai coccodrilli del nilo con uno spazzolino da
denti dal manico corto?

Ho attraversato la città, fino a un edificio in una zona a rischio alluvione. Sono quindi sprofondato nei sotterranei e mi sono perso tra gli intestini di cemento fino allo sgabuzzino in cui avevano indetto la riunione. Mancava solo il cartello "attenti al leopardo". Il gravissimo argomento era questo: l'altra sigla sindacale stava reclutando nuovi iscritti.

I presenti erano una decina circa. Quando qualcuno ha osservato pressapoco "tanto meglio, più gente si iscrive a un sindacato più c'è forza di contrattare " la risposta è stata che l'altro sindacato è cattivo, infingardo e probabilmente di maligna fede calcistica. E' necessario ostacolarlo o almeno arruolare nuovi iscritti per opporsi alla sua crescita.

Adesso, con il rinnovo del contratto in ballo, siamo di nuovo lì. In questi giorni entrambe le sigle indicono riunioni, votazioni, scioperi, minacciano denunce, tutto l'una contro l'altra.

Evito di menzionare i dettagli perchè sono irrilevanti. Ma mi sembra di vivere dall'interno una scena del film "brian di nazareth", con le varie associazioni di ribelli continuamente impegnate a contestarsi tra loro. Spero solo che non finisca tutto come nel film. Non sono bravo a cantare

BRIAN: Fermi, fratelli! Siamo venuti qui per combattere!
FRANCIS: E che stiamo facendo, eh?
BRIAN: Ma non uno contro l'altro! Dovremmo essere tutti uniti contro il nemico comune!
TUTTI: Vuoi dire il Fronte Popolare Giudeo?
BRIAN: No, no! I Romani!
TUTTI: Ah... i Romani...
FRANCIS: Già.


domenica 20 marzo 2011

quite interesting

Alla fine capita: passi anni convinto che qualcosa non possa mai piacerti e poi incontri qualcosa che ti fa cambiare idea. Ho trovato un quiz televisivo che mi piace.

Certo, non è il più canonico dei quiz. In effetti è più che altro un programma umoristico appoggiato sulla struttura a quiz.

Il quiz si chiama "quite interesting" e la sua peculiarità è che il criterio in base al quale i punti vengono assegnati (o sottratti) ai giocatori è solo marginalmente legato all'esattezza delle risposte. In effetti, le domande sono solitamente così astruse che si da per scontato che vadano al di là della conoscenza dei presenti e si preferisce premiare semplicemente le risposte interessanti. Il risultato è un susseguirsi di aneddoti, divagazioni e scherzi che rappresenta il fascino del programma.



C'è anche una parte dedicata a "ignoranza generale", ossia domande la cui risposta è semplice, intuitiva e sbagliata. Per esempio "chi ha inventato il telefono?", la cui risposta ovvia è Graham Bell mentre del Meucci nostrano nessuno in sala aveva mai sentito parlare.

Una cosa buffa, mi sono reso conto, è che questa struttura ( domande cui è normale ignorare la risposta e divertirsi più che altro con le assurdità che ci si inventa, e occasionalmente tentare i giocatori con risposte apparentemente corrette) lo rende per certi aspetti simile a un gioco già menzionato da Fed in un suo post tempo fa.

Chissà se l'hanno interpellata per il format. In caso contrario, chissà se c'è spazio per una causa miliardaria. E se dovesse vincere una causa miliardaria chissà se sarebbe abbastanza grata da offrirmi almeno una birra.

La mia indole ottimista ma soprattutto alcolista mi spinge a sperare.

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(quante lune ha la terra? Gli autori, cercando una domanda strampalata hanno dato una risposta non del tutto corretta, ma la scena è carina)


(che cosa ha denti grossi e una sola espressione facciale?)


(perchè ti spoglieresti per un orso polare?)

giovedì 17 marzo 2011

E poi si lamenta di essere ancora single.

Non è la più originale delle affermazioni, e indubbiamente si applica anche a me, ma mi sto rendendo conto che è vero: se ci ritroviamo ancora single dopo una certa età vuol dire che abbiamo qualcosa di strano. Non necessariamente sbagliato. Nel mio caso ad esempio mi piace attribuire la cosa al mio fascino straordinario che fa sì che le donne non si sentano all'altezza. Ma comunque strano.

E ogni tanto mi capitano conversazioni che lo confermano.

Io - Tra le tante altre cose, adesso ho iniziato a andare a tango.

amico - Anche io volevo farlo. Anche perchè andare a ballare è un buon modo di conoscere qualche ragazza nuova. Poi però ho preferito lasciare perdere.

Io - Come mai? E' divertente.

Amico - Sì, infatti volevo andare. Poi mi hanno detto che sta diventando di moda e che è lì che si trovano tutte le donne, come una volta ai balli caraibici. Non voglio che si pensi che vado apposta per quello, quindi ho preferito qualcos'altro, tanto per fare qualcosa la sera.

Io - Cosa fai allora?

Amico - full contact.

Che in effetti, se il tuo timore è che qualcuno pensi che vai solo per conoscere ragazze nuove non è una cattiva scelta.

lunedì 14 marzo 2011

le dimensioni contano

Ho comperato un libro di king. Di seconda mano perchè alcuni autori è uno spreco prenderli nuovi: vengono venduti e regalati così tanto che trovarli usati a metà prezzo è una certezza. Escono ai santi, vengono regalati a natale e per l'epifania sono impilati a dozzine sulle bancarelle di via Po.

Il titolo è "notte buia, niente stelle" e sono quattro racconti molto gradevoli nella consueta e non particolarmente allegra maniera di stephen king. Un autore che, sto scoprendo, mi entusiasma sempre di più quanto più riduce gli elementi soprannaturali che una volta erano la sua maggiore attrattiva.
Alcune storie presentano sfighe di proporzioni Steinbeckiane, ma forse lo penso solo perchè Steinbeck è l'unico autore di cui abbia letto storie di un certo genere.

L'ho iniziato nel primo pomeriggio e, siccome sono un lettore piuttosto veloce, quando sono sono uscito la sera l'avevo già finito e ho passato il volume a mia sorella.

E così, mentre mi trovavo in auto con un amico è venuto fuori l'argomento. E il mio amico ha osservato che per amore di varietà preferisce i racconti ai romanzi.

Poi ha aggiunto "non capisco che senso hanno certi tomi interminabili: Soprattutto per quella narrativa di intrattenimento che non ha nessun messaggio particolare da trasmettere".

E io mi sono accorto che pensavo esattamente l'opposto.

Se lo scopo è di intrattenere allora non mi dispiace perdermi a lungo in qualcosa di familiare. Soprattutto quando sono stanco e non ho voglia di fare l'investimento mentale per imparare una nuova ambientazione. E' un po' anche la ragione per cui mi capita di rileggere: so che si tratta di qualcosa che mi piace e non richiede fatica, perché lo conosco già.

Se invece lo scopo è di mandare un messaggio, beh, allora mi sembrerebbe quello il momento in cui essere conciso. Dimmi quello che devi, invece di perdere tempo in divagazioni.

mercoledì 9 marzo 2011

per aver cura della propria immagine pubblica

Comincio col precisare che non è successo a me. Siccome però io sono il genere di persona che impara dagli errori anche senza bisogno di commetterli personalmente, ne ho tratto un'importante lezione per il futuro.

Quindi, se mai dovesse succedermi di comperare un microfono dalla forma vagamente fallica per fare qualche genere di prove di registrazione.

E se mai dovesse capitarmi, nello stesso giorno, di comperare anche del lubrificante, per esigenze del tutto slegate da quanto ha reso necessario l'acquisto precedente.

Se mai dovesse capitarmi qualcosa di simile, dicevo, eviterò di posare i due acquisti uno accanto all'altro sulla scrivania in ufficio, 'che poi i commenti si sprecano.

lunedì 7 marzo 2011

luval, origins

ovvero, il background del protagonista della storiella della parca perduta Ho sempre trovato divertente inventarmi background elaborati per i personaggi che interpreto e luval, che nel gioco si sarebbe meritato l'appellativo di "il tedioso" per una certa ossessione per le materie libresche è uno a cui sono particolarmente affezionato.

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Era notte e pioveva. L'acqua scendeva dal cielo in getti possenti. Il vento sferzava la terra e i lupi nelle loro tane, a dispetto di una certa locuzione popolare, esclamavano l'equivalente lupino di "non esageriamo" e tornavano ad accucciarsi al coperto.

La città era di quelle importanti. Aveva una cattedrale i cui tetti aguzzi puntavano al cielo e avava tozze fortificazioni radicate alla terra. Aveva un municipio. E palazzi, e mura, e torri e ponti che saettavano sopra il fiume in piena.

Aveva una biblioteca.

E la biblioteca aveva una custode di nome Myl, il cui lavoro era tenere in ordine gli scaffali, registrare i prestiti e guardare in modo feroce chiunque non riconsegnasse il volume entro i termini stabiliti.

Fu così che quando qualcuno bussò alla porta quella notte Myl controllò allo specchio che lo sguardo feroce fosse soddisfacente e si preparò a redarguire quel lettore che si presentava fuori dall'orario di apertura.
Sollevò tre volte le sopracciglia per riscaldare i muscoli, così da non rischiare uno strappo se avesse dovuto aggrottare la fronte con disapprovazione. Atteggiò le labbra in una smorfia di fastidio che aveva ben praticato da tempo. Aprì e rimase subito affascinata dall'uomo che le chiedeva riparo dalla pioggia.

Il bambino che nacque da lì a nove mesi venne chiamato Luval. Myl venne perse il posto poco dopo il parto. Avere figli fuori dal matrimonio, le venne fatto intendere, non era cosa ben vista.

Myl aveva poche risorse, e non aveva mai più rivisto il suo amante occasionale. Aveva però letto molto, così fece la scelta più logica e abbandonò il figlio neonato su uno scaffale della biblioteca. I libri le avevano infatti insegnato che un bambino abbandonato alla nascita finisce inevitabilmente per avere un futuro brillante dopo essere adottato dalla figlia del faraone, o da una lupa o qualcosa del genere.

Certo, aveva riflettuto con un po' di timore, c'è anche quel tale che ha finito per sposare la madre, assumere il padre come avvocato e perdere la vista a forza di leggere le note in piccolo in calce ai contratti, ma Myl preferiva gli uomini più anziani di lei e riteneva che questo la mettesse al sicuro.
Avendo lei una mente da bibliotecaria lo sistemò in ordine alfabetico tra 'Luttuosi avvenimenti della storia recente' e 'mai più senza foglie, i segreti dei sempreverdi : terapie anticalvizie tra gli Ent'.

Passarono gli anni. Luval crebbe nascondendosi tra gli scaffali, nutrito con i panini sottratti di nascosto dalle tasche dei visitatori. Myl divenne una frequentatrice assidua, ignorando gli sguardi di disapprovazione di colei che aveva preso il suo posto.
Incoraggiò il figlio a tenersi nascosto per non farsi cacciare, a non uscire dalla biblioteca e a avere pazienza. 'Le figlie di faraoni hanno parecchio da fare' gli spiegava ' con tutte quelle faccende di stato e le cene di beneficenza a cui presenziare. E anche le lupe, sai, mica hanno tutto quel tempo da perdere, vedrai che prima o poi...'

Ma il tempo passava senza che si facesse viva uno straccio di figlia di faraone. Quanto alle lupe, poi, la loro assenza dalla sala di lettura sembrava denotare una deplorevole mancanza di interesse per la parola scritta. Luval, arrivato oramai ai dieci anni, si sarebbe accontentato di una coppia di pastori, ma anche quelli sembravano scarseggiare. Probabilmente saranno occupati ad adottare altri bambini da altre parti, pensava. Dev'esserci una lista d'attesa.

Ma il tempo continuava a passare senza sorprese. Quando giunse il momento, Luval scoprì la sessualità. Non fu difficile: era il diciottesimo scaffale al secondo piano, a destra dopo l'entrata. In seguito scoprì la Storiografia (scaffale 19) e i Viaggi - libri di (scaffale 3, terzo piano).

A 18 anni era arrivato a Zoologia. Non aveva mai parlato con nessuno tranne che con sua madre.Non era mai uscito dall'edificio e la figlia del faraone continuava a non farsi viva. Quando sentiva avvicinarsi qualcuno si nascondeva per timore di essere cacciato per non avere la tessera.

Ma oramai era troppo grande per sfuggire sempre all'attenzione. Così, un giorno, mentre stava cercando nella sezione Storia antica quel volume che la biblioteca aveva appena acquistato e che lui non aveva nacora letto, ci fu...

...Oh, beh, facciamola breve, tanto è ovvio cosa successe. Ci fu un po' di subbuglio. La bibliotecaria arrivò e Luval venne condotto all'uscita.

Era una giornata serena, di primavera. Qualche passante lo superò senza degnarlo di uno sguardo. Luval fece per nascondersi, poi si rese conto che oramai lo avevano già cacciato. Non c'era più bisogno di farlo.

Poco lontano sentiva il vociare di un mercato. Si avvicinò incuriosito, attratto dalla novità. L'odore di salsiccia arrosto era molto più appetitoso di quello dei panini rubati con cui era sopravvissuto fino ad allora. Un uomo in abiti eleganti gli chiese un informazione e gli diede una moneta come ricompensa.

Non è così brutto qui fuori, pensò. E credo anche di essere in grado di sopravvivere.

Riflettè brevemente. Provava un'emozione strana, nuova. Inspirò a fondo quell'aria, così diversa da quella a cui era abituato. La luce del sole, che in biblioteca filtrava cauta dalle vetrate era quasi abbagliante. Il vocio della folla era strano per lui abituato a silenzi infranti solo dal fruscio delle pagine. Sentiva nostalgia per quello che si era lasciato alle spalle, ma anche sollievo. Non avrebbe più dovuto fuggire in continuazione. Immaginò un posto da cui nessuno lo volesse cacciare e dove ci fosse più bisogno di nascondersi. Era possibile. Sì, ora ne era convinto. Era possibile.

Al diavolo la figlia del faraone, decise.

Si incamminò lungo le vie della città, scoprendo per la prima volta di persona quei luoghi il cui nome aveva solamente letto sulle mappe.

La città era di quelle importanti. Aveva una cattedrale i cui tetti aguzzi puntavano al cielo e tozze fortificazioni radicate alla terra. Aveva un municipio. E palazzi, e mura, e torri e ponti che saettavano sopra un fiume che scorreva tranquillo.

Presto Ci sarebbe stata anche la sua casa.

mercoledì 2 marzo 2011

tom leher

Vi è mai capitato? Vi imbattete in qualcosa, magari un dipinto o una storia, nel mio caso una canzone. Vi piace ma non ci fate troppo caso.

Poi ne sentite un'altra e anche quella non è male, ma anche questa volta non state a pensarci. Non vi siete nemmeno resi conto che si tratta dello stesso autore.

Poi succede qualcosa. Leggete un commento da qualche parte e improvvisamente sapete che ce ne sono altre. E vi incuriosite. E magari vi scaricate gli mp3 e li ascoltate ridendo come dei matti e cercate cosa dice wikipedia di Tom Leher e non riuscite quasi a credere di non avere mai sentito di lui.

Insomma, è quello che è capitato a me. Conoscevo la sua canzone degli elementi. Adesso sto ascoltandole altre.



elements song


Oedipus rex


Poisoning Pigeons In The Park