domenica 30 novembre 2008

Carole natalizie alternative

Natale si avvicina. Nei supermercati le decorazioni natalizie sono ben in evidenza e nella mia collezione di boiate clamorose, mi sono recentemente imbattuto in una serie di autentici capolavori.

I tizi della H.P.Lovecraft historical society si sono divertitti a incidere un disco con le canzoni natalizie in chiave cthulhoide. I pezzi sono uno più bello dell'altro.

La mia preferita è la carol of the old ones, ma per entrare nello spirito natalizio mi pare sia meglio qualcosa di più celebre.

Non siate banali! Non seguite il gregge!
Gettate cia i vostri inflazionatissimi babbi natali rampicanti che ogni anno infestano i balconi e preparatevi a un natale cthuloide con








silent night , blasphemous night
people quake at the sight
monsters rising from deep r'lyeh
people screaming "please go away!"
great cthulhu has come
great cthulhu has come


silent night , blasphemous night
great ones raise death's in sight
orrid beasties enslaving mankind
cosmic terrors destroying your mind
we are all going to die
we are all going to die

martedì 25 novembre 2008

caro tizio incontrato sul treno

Era da un po' che non mi capitava di prendere il treno. Mi ero disabituato all'idea di trovarmi di fronte a uno sconosciuto che insiste a chiacchierare. E stavolta ho incontrato davvero un esemplare particolarmente pittoresco della categoria.

Caro vicino di posto, capisco che la nascita di un figlio possa avere postato un calo di desiderio da parte di tua moglie.

Capisco che la cosa possa averti dato fastidio.

capisco, anzi apprezzo, che tu abbia scelto di risolvere questo fastidio in una maniera che non risulti distuttiva per il tuo rapporto di coppia. Per esempio non ti sei preso un'amante nè hai cercato di forzare tua moglie a un rapporto che lei non desiderava.

Però anche tu devi capire una cosa.

Se vuoi fare conversazione spicciola con uno sconosciuto che ti trovi davanti per caso sul treno, ci sono argomenti più o meno appropriati.

Le esatte modalità delle tue pratiche onanistiche, se proprio non te ne rendi conto da solo, rientrano tra gli argomenti non appropriati.

Che diamine.

venerdì 14 novembre 2008

La veridica historia del pinguino mannaro


Non sono molto rapido a scrivere, ma talvolta mi diverte farlo. Qualche anno fa mi sono fatto coinvolgere in un browsergame dedicato alla lotta tra vampiri e mannari. Era un gioco assolutamente insulso, che consisteva nel premere monotonamente lo stesso bottone per un certo numero di volte ogni giorno.

C'era qualcosa di più ma non molto.

Siccome tutti davano al proprio personaggio nomi pomposi e serissimi io, che tendo a fare sempre il contrario ho chiamato il mio personaggio "pinguino mannaro".

E siccome molti scrivevano una paginetta di background, ho scritto anche io una paginetta di bg per il mio. E siccome qualcuno mi diceva di averla trovata divertente, ho continuto a espnderla per un po'. Ho finito per affezionarmici al mio pinguino, così ho deciso che non mi sarebbe dispiaciuto ripostare anche qui il suo background. Così, ecco qua.


Un paio di precisazioni per alcuni riferimenti che altrimenti sono incomprensibili : in quel gioco, andando a caccia per sfamarsi, capitava talvolta che la caccia fallisse con un messaggio del tipo "mentre eri occupato a cacciare hai sbattuto la testa contro un lampione e seir rimasto svenuto 10 minuti".

Inoltre, per qualche ragione, gran parte delle armi erano martelli da guerra con nomi strampalati come "angelo della vendetta."

L'alquanto improbabile base antartica è vagamente ispirata all'altrettanto improbable base antartica de "la cosa", di carpenter.




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I

Mario Pautasso era impegnato in una spedizione al polo sud. Vagava nella notte in cerca del campo base dopo essersi perso andando al magazzino a recuperare una scatola di filetti di merluzzo surgelati quando sentì un rumore inquietante provenire da dietro di sè, sulla banchisa.

si voltò di scatto. Nulla. I ghiacci, illuminati dalla luna piena, erano deserti. Nervosamente, riprese a camminare, sempre più svelto. Un'altro rumore dietro di sè. Non osò voltarsi a guardare. Correva, ora. Qualcosa lo aggredì e lo buttò a terra. Vide confusamente la figura che lo stava travolgendo e per un attimo pensò fosse un uomo in abito da sera. Poi vide il becco e capì.

La belva s'impossessò del filetto di merluzzo con un colpo di becco. Lui non gli interessava ma il becco lasciò comunque un taglio profondo sulla mano che reggeva la borsa.

Mentre l'animale si allontanava con il suo bottino, Pautasso sentì il proprio sangue ribollire sotto l'effetto dell'antica maledizione che gli era stata trasmessa. Sotto la luna piena, nei ghiacci antartici, Pautasso mutò. Dove era stato un uomo ora si trovava un pinguino alto un metro e ottanta.

- Pesce! - gridò alle fredde stelle sopra di sè con voce che era richiamo di uccello. - ho fame di pesce! -


II


La base antartica si occupava di misurazioni metereologiche. Il suo personale ridotto all'osso era costretto a vivere isolato per molti mesi all'anno. Per questo includeva una psichiatra, incaricata di sorvegliare la salute mentale di persone sottoposte a uno stress così intenso.

Valentina Levi sedeva su di una poltrona confortevole, accanto al lettino su cui era sdraiato il suo paziente. Si sforzava di non guardarlo : raramente nella sua professione aveva incontrato una fissazione così coinvolgente. Picchiettò la matita sul taccuino e decise per un approccio diretto.

- Signor pautasso, lei si rende conto che i licantropi sono solo una leggenda, vero? E' solo una malattia mentale che spinge le persone a credersi trasformati. Nella realtà sono gli stessi di sempre.

- Sqwaaak! - rispose il pinguino alto un metro e ottanta sdraiato sul lettino. - Squeeeek - aggiunse per meglio chiarire la questione.

- Sa cosa sto pensando, signor Pautasso?

- Squaak?

Il pinguino si era voltato verso di lei per rispondere. La dottoressa Levi intravide un becco lungo trenta centimentri e ruotò ancora la sedia finchè non fu fuori dalla sua visuale. Non è un vero pinguino, ripetè tra sè. La licantropia non esiste e quindi non è un vero pinguino. Il fatto che a me sembri tale e solo un sintomo del mio eccessivo coinvolgimento in questo caso.

- Lei sa, naturalmente, che il pinguino è un uccello.

- Squak! Annuì Pautasso agitando le ali simili a pinne.

- E lei ha scelto di essere un pinguino alto un metro e ottanta. Un pinguino ENORME. Penso che da un punto di vista freudiano le implicazioni siano ovvie : è un classico caso di compensazione. Lei cerca di compensare in questo modo alcune dimensioni anatomiche in cui si sente inadeguato.

- Squaaaaak! - obiettò energicamente Pautasso. Mosse le ali davanti a sè indicando una lunghezza più che rispettabile - Squak! Squeeeeek! Squaaak!

La dottoressa Levi annuì saggiamente, sempre facendo attenzione a non guardare il suo paziente.- Bene, la sua irritazione dimostra che abbiamo raggiutno qualcosa di interessante. Stiamo facendo progressi, Pautasso. Ci vediamo domani alla stessa ora per una nuova seduta?

- Squaak - rispose Pautasso alzandosi dal lettino e avviandosi per uscire. Faticò un po' a aprire la porta : la mancanza di pollici opponibili si stava rivelando un autentico problema. - Squaaaak! - borbottò ancora in tono sarcastico allontanandosi lungo il corridoio.


III


Pautasso camminava a testa bassa nel corridoio meditando sulla conversazione con la psichiatra. Svoltò un angolo e nella base risuonò un rumore simile a un rintocco di campana.Si risvegliò sdraiato su di un lettino in infermeria.

- Sqwaaak - si lamentò tastandosi la fronte con l'ala.In piedi accanto a lui Leonardo Mecchio, il medico della base, alzò gli occhi dalle radiografie che stava studiando. Le lastre mostravano un cranio ammaccato da cui si estendeva un becco considerevole.

- Ti sei ripreso. Devi stare più attento a dove vai. Erano gli operai che portavano dall'officina il lampione da mettere davanti all'ingresso.

- Sqwak?

- Sì. Erano dietro l'angolo che stavano arrivando. L'hai centrato in pieno.

Pautasso lasciò cadere il capo sul cuscino con un sospiro.

-Sqwaaaak - si lamentò. mosse l'ala in direzione dei moduli per i permessi di malattia. Mecchio scosse la testa

- No. Niente da fare. Ho controllato. Sei in perfetta salute.

- Sqwueeek ! - Protestò Pautasso indicando sè stesso.

- Beh, sì. Perfetta forma per un pinguino. Sono un medico, non un ornitologo. Non ti ho trovato nessuna malattia.

Pautasso si sedette sul lettino. Disperato, si teneva la testa tra le ali. Il risultato, con quel becco enorme, era qualcosa di molto simile a una brocca con due maniglie.
La situazione era insostenibile. E non gli era nemmeno chiaro quali fossero le regole che governavano quella sua condizione.

Infine, si decise. L'unico che poteva chiarire la situazione era il personaggio misterioso che lo aveva trasformato. Si alzò in piedi, con un gesto brusco che gli fece dolere ancora il bozzo che si ritrovava in fronte. Salutò il medico con uno - Sqwak- deciso e si avviò fuori dallo studio. Il suo piglio fiero e la sua maschia risolutezza leggermente sminuiti dall'andatura ciondolante da pinguino.

Il dottor Mecchio ricambiò il suo gesto senza voltarsi.Si udì un rumore simile a un rintocco di campana. Il dottor Mecchio si voltò. La porta dello studio era spalancata. Pautasso era disteso a terra svenuto. Fuori dalla porta, nel corridoio, due operai stavano trasportando un lampione tenendolo parallelo al terreno e reggendone ognuno un'estremità. Un paio di penne nere volteggiarono e si posarono delicatamente a terra.
Il lampione presentava al suo centro un'ammaccatura recente.

- Non dovevate fissarlo davanti all'ingresso? - Chiese il medico.
- I perni non avevano le dimensioni giuste. Lo stiamo riportando in officina per sostituirli.

Ci fu un silenzio imbarazzato. Il Medico e i due operai fissavano il pinguino alto un metro e ottanta disteso a terra.

- Dobbiamo portarlo sul lettino anche questa volta?Il Dottor Mecchio riflettè un attimo.

- No, non è il caso - decise infine - Lasciatelo pure lì. Vedrete che tra qualche minuto si sarà ripreso.


IV


La notte antartica era lunga, silenziosa e immobile. La luna piena rifletteva i suoi raggi sul ghiaccio. Il mare si adagiava pigramente lungo la costa.

Qualcosa di scuro e lucido emerse dalle onde. Poggiò una zampa sulla crosta di ghiaccio che si stava formando. Il ghiaccio si frantumò sotto il peso, spargendosi bianco sull'acqua scura come forfora sopra una giacca buona prima di un appuntamento importante. La cosa imprecò in una lingua che non era umana e annaspò in carca di una presa migliore. La trovò e iniziò a issarsi.

Continuò a issarsi.Continuò a issarsi.Continuò a issarsi.Si issò ancora per un po'. Gli elefanti marini mannari non sono piccoli e hanno parecchio da issare. Quando ebbe finito, puntò gli occhi verso il pinguino che era rimasto in attesa.

- Hai creato uno nuovo di noi - disse l'elefante marino.

- Non so cosa mi abbia preso - si giustificò il pinguino. Era un pinguino di dimensioni umane e si espresse con voce di uccello. Un uomo che avesse assistito alla conversazione avrebbe sentito solamente versi di animale, ma i mannari si intendevano perfettamente tra loro. - Ho sentito l'odore di pesce e non ho resistito.

- Hai fatto ciò che dovevi. Ci sono forze più grandi di noi all'opera. Era necessario, come è necessario che noi lo istruiamo. E' la nostra unica speranza. Verrà a noi.

Rimasero in attesa. Si levò un vento leggero che sollevava sbuffi di neve e li faceva volteggiare nell'aria. Il pinguino ruppe il silenzio.

- Senti...

- Ti ascolto - rispose l'elefante marino con voce solenne

- Mi sta venendo fame. Hai mica pensato a portare un po' di pesce?


V


- No, no, no e doppio no! - Esclamò Pautasso.

L'elefante marino mannaro aggrottò la fronte. Il viso di un elefante marino è per lo più naso, ma questo non siglifica che la fronte scarseggi. A pautasso sembrò di assistere in diretta a fenomeni di orogenesi, osservando le pieghe di carne formare picchi e vallate.
Poi l'elefante parlò ancora. La sua voce era calma e profonda. Con un corpo da 3.5 tonnellate quella era una voce che aveva avuto molto tempo per arrivare alle labbra. Era una voce che aveva viaggiato. aveva esperienza.

- Tu non capisci. Non ti ho esposto una scelta. Ti ho esposto il tuo destino.

- nononono. Basta con queste sibillinerie da pinnipede. Credi che io sia intimidito solo perchè sei più grosso di me?

- Sì - rispose l'elefante marino con tranquillità dopo un attimo di riflessione. - Credo che tu lo sia. Ma non è questa la cosa importante.

- Aspetta - intervenne il pinguino enorme che fino a quel momento aveva solamente assistito alla scena. - Forse posso aiutare a chiarire la situazione. In fondo credo di avere più cose in comune di te con lui.Allungò l'ala verso Pautasso. - Giovanni Ferrero - si presentò.

Pautasso allungò l'ala presentandosi a sua volta. Ci fu un attimo di imbarazzo mentre i due pinguini tentavano vanamente di stringersi la mano con le ali sprovviste di dita.

- Ci siamo già visti, vero? Sei stato tu a attaccarmi questa... questa maledizione.

Ferrero annuì. - Mi era venuta fame e quando ho sentito l'odore del merluzzo non ho resistito. A proposito, non è che hai un po' di pesce con te, vero? -

pautasso scrollò il capo

- Non importa, lo immaginavo. Comunque non volevo contagiarti, è successo per sbaglio.

- Potevi stare più attento. Questa cosa della licantropia mi sta facendo passare un bel po' di grane. - ribattè Pautasso indispettito.

- Sei solo all'inizio, se è per quello. Aspetta il periodo della cova. Lo sai che i pinguini sono tra i pochi uccelli in cui è il maschio a covare le uova? Bella rogna.

L'elefante marino mannaro tossicchiò educatamente. Non è facile non apparire invadenti quando si ha un corpo lungo diversi metri e pesante svariate tonnellate, ma era evidente che faceva il possibile.- Non vi pare che ci siano cose più importanti di cui discutere?

Ferrero aprì e richiuse un paio di volte il becco con fare imbarazzato.

- Già, già. Hai ragione. Il fatto - riprese rivolto a PAutasso - è che io non avevo intenzione di contagiarti ma l'ho fatto ugualmente perchè è quello che dovevo fare. Le forze soprannaturali che sono all'opera ti costringeranno comunque a fare quello che devi, che tu lo voglia o no. Le forze oscure hanno già conquistato un agente nella base e sono già riusciti a tagliarci fuori.

- ... Con i lampioni ... - commentò Pautasso dubbioso ricordando le spiegazioni precedenti.

- Esatto. Il principio è lo stesso dell'agopuntura o di Stonhenge. Operano sui meridiani su cui scorrono le energie della terra. Potrebbero essere megaliti o semplici pali. Non so perchè il nostro aversario abbia scelto i lampioni. Il nemico opera in modo sottile, probabilmente ha fatto credere al suo agente che i lampioni fossero una buona idea. Dubito che l'agende del nemico si renda conto di quello che sta facendo.

- L'avversario - interruppe l'elefante marino mannaro con voce solenne - si nutre delle energie vitali del mondo come un parassita. I lampioni sono le zanne che ha conficcato nella terra stessa e qui, così vicino all'asse terrestre, le sue zanne sono potenti. Se non lo fermerai, tutto ciò che esiste sarà in pericolo.

- E devo per forza farlo io... - ribattè Pautasso in tono lamentoso.

Ferrero e l'elefante marino mannaro annuirono all'unisono.- I lampioni impediscono di avvicinarsi a chi non appartiene a quel luogo - rispose l'elefante marino mannaro - Ma tu appartieni al personale della base. Tu appartieni a quel luogo. Tu puoi entrare.

Rassegnato, Pautasso annuì e tornò mestamente alla motoslitta che lo aveva portato fin lì.Trovare un modo per guidare la mostoslitta non era stato facile. Aveva dovuto convincere uno degli operai a fissare ai controlli una serie di stringhe e cordini che si potessero manipolare col becco. L'opera aveva richiesto un certo lavoro di convincimento, ma Pautasso aveva scoperto che un becco da quaranta centimetri è un argomento dialettico di un certo peso. Istintivamente si ripulì la punta del becco con l'ala. Aveva dovuto darsi da fare a convincere, e quell'operaio aveva una pessima igiene personale.

Mentre si allontanava verso la base, si chiese chi fosse l'agente del male.

Qualcuno alla base. Qualcuno che aveva sviluppato un'ossessione per i lampioni e probabilmente non si rendeva conto di ciò che faceva.


VI


Valentina Levi camminava nervosamente avanti e indietro nella sua stanza.

Ogni membro del personale aveva una stanza minuscola e la sua era ordinata in modo meticoloso, con manuali di psicologia allineati in un attenti militaresco sullo scaffale, un letto le cui coperte erano tese come una pelle di tamburo e una scrivania su cui poggiava un bollitore elettrico per fare il te. In un angolo, appesa al soffitto, una gabbietta ospitava due canarini cinguettanti.

E' la mancanza luce, pensò tra sè per l'ennesima volta. Gli esseri umani hanno bisogno di luce solare per mantenere l'equilibrio psichico. E' un fatto biologico ben noto. Per questo era così nervosa. Bisogna simulare il giorno attorno alla base. C'è bisogno di più lampioni. Devo parlare con il comandante e dirgli che c'è bisogno di più lampioni.

Si fermò a metà di un passo. Qualcosa dentro di lei, un rimasuglio della Valentina Levi che non era più stava urlando che tutto questo non era ragionevole. Il personale passava il suo tempo dentro la base. A cosa serviva mettere i lampioni fuori? E i generatori non sono sufficienti per accenderli tutti.

Allontanò qui pensieri. Certo che era ragionevole. Era psicologia. Era il suo campo. Sapere che i lampioni c'erano era sufficiente. Non c'era bisogno che illuminassero realmente. C'erano. La consapevolezza bastava.Forse un te le avrebbe schiarito la mente Riempì d'acqua il bollitore e lo accese. Quando l'acqua raggiunse l'ebollizione si fermò un attimo prima di posare la bustina nella tazza.Aveva sbagliato. Era la seconda volta oggi che prendeva per sbaglio la scatola degli assorbenti al posto di quella del te. La sua mente non funzionava bene. Era per colpa della luce. Servivano più lampioni, o sarebbe impazzita anche lei come pautasso.

Trangugiò una sorsata di te e venne presa da conati di
vomito che controllò a fatica. Barcollando sporse una mano in cerca di appoggio e afferrò la gabbia dei canarini.Pautasso è un problema pensò aprendo intanto la gabbietta dei canarini e afferrandoli senza nemmeno chiedersi perchè lo stesse facendo. Bisognerà occuparsene. E piantare altri lampioni. Pautasso è pazzo. Si crede un uccello.

Valentina Levi azzannò i canarini uno dopo l'altro in due soli bocconi famelici. Le penne strappate con violenza volteggiarono in una nuvola gialla. Quando ebbe finito si gettò carponi a leccare le ultime gocce di sangue dal pavimento.Bisognerà occuparsi di Pautasso.

E servono altri lampioni. Tanti lampioni.


VII


Pautasso spense la motoslitta appena fu in vista della base. La costruzione era un tozzo edificio in muratura che spiccava nel paesaggio naturale, fuori luogo come una salsiccia in un ristorante vegetariano. Attorno a essa, lampioni.

Decine di lampioni. Alcuni erano poco più che tubi di metallo conficcati grossolanamente nel terreno, come se il personale della base avesse poco alla volta perso il senso di quello a cui stava lavorando e avesse proseguito inseguendo confusamente un'idea sempre più astratta di lampionosità.

E risplendevano. Persino quelli che non erano altro che una spranga infissa a terra emanavano un bagliore azzurrino che culminava in una sfera luminosa sulla cima.

Pautasso avanzò verso la base. Una sensazione strana si impossessò di lui. Sentiva in sè il danno che quei lampioni infliggevano alla terra.

Le energie della pianeta turbinano sotto la superficie. I mistici e i filosofi hanno usato un'infinità di similitudini per descrivere il modo in cui questi flussi di energia si intrecciano.
Di solito queste similitudini paragonano la terra al corpo umano. Gli scettici obiettano talvolta che il paragone non è calzante perche il corpo umano non ha al suo centro una palla di metallo fuso incandescente. A questo i mistici ribattono, molto semplicemente, che gli scettici dovrebbero provare il ristorante messicano giù in piazza per apprezzare compiutamente l'analogia.

Ma i mistici si sbagliano. La terra non è come il corpo umano. La terra assomiglia a quelle vasche che si vedono in certi caseifici. Quelle rotonde, con un perno al centro su cui sono fissate due pale che rimescolano il latte. L'asse terrestre è il perno. E se qualcuno riuscisse a conficcare dei chiodi in modo da bloccare le pale...Pautasso lo sentiva dentro di sè.I lampioni stavano intralciando le pale che mantengono in movimento le energie vitali del pianeta. La similitudine non è perfetta, ma l'equivalente mistico planetario delle mozzarelle era in pericolo.

Avanzò verso la base. Le energie mistiche deformate dai lampioni gli rendevano difficile ragionare. Per due volte cozzò contro un lampione e dovette fermarsi diversi minuti per riprendersi.

Quando aveva quasi raggiunto l'ingresso, una figura gli si parò innanzi.

Leonardo Mecchio, il medico della base indossava una camicia leggera con le maniche rimboccate. la sua mano destra stringeva un martello e una coppia di chiodi d'acciaio. La sua pelle era bianca come la neve che lo circondava. Il suo viso era coperto di brina.
Pautasso lo osservò muovere le labbra senza che ne uscisse suono. Poi Il medico si battè la mano sulla fronte, un gesto che fece crollare a terra minuscoli frammenti di ghiaccio.

- E' incredibile come si faccia in fretta a scordarsi di respirare quando si è morti - disse - sfido che non riuscivo a parlare, senza aria nei polmoni.

E' sempre difficile discutere con qualcuno che esordisce rinfacciandoti i propri malanni. Pautasso aprì e richiuse il becco un paio di volte cercando di trovare una risposta appropriata. 'Vedrai che non è niente di grave', che è il commento più comune in queste circostanze, non sembrava del tutto adeguato.

- Er... ti capisco. Anche io faccio fatica a abituarmi alla mia nuova condizione - rispose infine.

Mecchio annuì e Pautasso si accorse che il medico riusciva a capire le sue parole, pronunciate in uno 'Skwaak' da pinguino.

Nel silenzio che seguì, Pautasso lasciò vagare lo sguardo tutt'intorno in cerca di un argomento per vivacizzare la conversazione.
L'antartide di notte non offre molti spunti. Si può parlare di ghiaccio, di buio o, volendo arrischiare un argomento più audace, di ghiaccio al buio. Un fulmine azzurrino saettò tra due lampioni, ma Pautasso preferì evitare quell'argomento. Sarebbe stato di cattivo gusto rinfacciare al medico la sua condizione di non morto coinvolto in gesta che avrebbero potuto causare la fine del mondo.

- Uh, bel martello - disse infine, piegando il capo per leggere l'iscizione incisa sul metallo- Perchè c'è scritto sopra 'angelo della vendetta'?

- Un tentativo della fabbrica di creare una moda degli strumenti da carpentiere. Hai presente che certi abiti di moda in origine erano da lavoro?

- Così hanno provato a dare nomi altisonanti agli attrezzi nella speranza che qualcuno li comperasse come ornamento alla moda? - domandò Pautasso incredulo.

Mechio annuì - Una strategia di marketing. Non ha funzionato, però.

- Posso ben crederlo.

- Così la base ha comperato gli attrezzi in offerta per l'officina. Abbiamo martelli 'angelo dela vendetta', cacciaviti 'furore berserker', pialle 'apocalisse di fuoco' e seghe 'vampata di lussuria'. Stavo sistemando un lampione quando ti ho sentito arrivare. La dottoressa Levi ha raccomandato di portarti subito da lei.

- Comanda lei qui adesso?

Mecchio annuì - Ho provato a dirle che non aveva il diritto di darmi ordini. 'Sono un medico, non una mostruosità notturna succhiasangue' le ho detto.

- E lei?

- Lei mi ha dimostrato che avevo torto- rispose semplicemente Mecchio.

agganciò il colletto della camicia con il martello e lo scostò rivelando una giugulare lacera e prosciugata come un pozzo secco. - Sono morto, Pautasso - concluse.



VIII

La porte della base erano spalancate. Mecchio accompagnò Pautasso lungo i corridoi coperti di brina fino alla mensa.


"Oh, bene", pensò Pautasso "Mi sento come se Jack Torrance mi stesse portando in un tour guidato dell'overlook hotel". I lineamenti solitamente affabili del medico avevano un'espressione famelica che Pautasso non gli aveva mai visto, e la sua dentatura avrebbe fatto versare lacrime di entusiasmo a un odontoiatra.

La mensa era una stanza poco più grande delle altre, con tre tavoli per ospitare le dodici persone del personale. Su ogni tavolo si trovava una bottiglia di vetro, spezzatasi quando l'acqua che conteneva si era gelata in un blocco massiccio di ghiaccio. In un angolo, i garofani in vaso erano anneriti, morti e rigidi in quell'inverno inatteso. Valentina Levi sedeva al centro della stanza.


Pautasso osservò incuriosito la donna. Se la sua natura pinguinesca non avesse spinto i suoi desideri in altre direzioni lo spettacolo avrebbe avuto le sue ragioni di interesse. Tutto il personale che aveva incontrato finora indossava abiti assurdamente leggeri, ma la dottoressa Levi aveva spinto questo abbigliamento minimalista alle sue estreme conseguenze. Guardarla chiariva immediatamente che, diversamente da Pautasso, lei aveva forse abdicato alla sua umanità ma non alla sua natura di mammifera.Lo sguardo di Pautasso scivolò quasi involontariamente sul torace di lei. Sì. Decisamente mammifera. Molto mammifera. Difficile essere più mammiferi di così.


Esitò sulla soglia e qualcuno lo spinse in avanti con decisione. Barcollando, gettò uno sguardo all'indietro e vide che il personale della base era dietro di lui. Avevano la pelle pallida, gli occhi spenti, la mascella socchiusa e un'espressione assente. Non fosse stato per i denti aguzzi che si intravedevano, sarebbero stati indistinguibili da un gruppo di pendolari in viaggio verso il lavoro un lunedì mattina.


Tornò a rivolgersi alla figura al centro della stanza. Era il momento in cui tradizionalmente gli eroi fronteggiano il loro avversario e irridono il destino avverso con una frase memorabile. Pautasso non aveva la stoffa dell'eroe. Si guardò attorno, notò i termosifoni coperti di brina, le bottiglie schiantate dal gelo, le pareti imbiancate di ghiaccio.


- Er... fa freschetto da queste parti - disse.


La dottoressa levi rimase in silenzio, assisa al centro della stanza.

Non era una sedia della mensa, si notòPautasso. Era la poltrona del comandante della base, braccioli e tutto. Un trono, si rese conto. Si è messa su un trono.


- Immagino che i nostri finanziatori saranno felici del risparmio sul gasolio del riscaldamento.


La dottoressa parve accorgersi solo in quel momento di lui.


- I nostri lavori sono simili, lo sa, Pautasso? - disse quasi divertita - Lei è un magazziniere : tiene in ordine la merce. Io sono una psichiatra: tengo in ordine le menti. La mente è una cosa strana, lo sa? La razionalità è solo una minuscola vernice superficiale. Il resto è un'accozzaglia confusa di simboli.


Pautasso cercò disperatamente una risposta. Il tremito delle energie sotto di lui lo distraeva. Il pianeta era come un gigantesco motore tra i cui ingranaggi qualcuno avesse gettato un oggetto estraneo. I lampioni fermavano il fluire abituale dell'energia, ma essa ribolliva sotto di lui.


- Qualcosa di simile a una scheda elettorale, intende?


La dottoressa Levi sogghignò. Un' espressione che mise in mostra una dentatura rimarchevole. Il vampirismo è per l'odontoiatria quello che il silicone è per quelle branche della chirurgia plastica specializzate in altre parti anatomiche.


- Un motto di spirito. Che banalità. Lo sa che Freud ha dedicato un saggio ai motti di spirito? Lei non mi può sfuggire, Pautasso. La sua mente è prevedibile.


Pautasso aprì e richiuse il becco a corto di parole. In passato gli era capitato di notare in libreria manuali con titoli come "come trattare con gli altri e farseli amici". Rimpianse di non averli comperati. Magari adesso avrebbe saputo come comportarsi.

D'altra parte, probabilmente no. Avrebbe avuto bisogno di un manuale "Come trattare con le psicanaliste demoniache e le loro orde di non morti e farsele amiche" : un testo rivolto a un pubblico probabilmente troppo di nicchia per meritare la pubblicazione.


La dottoressa Levi riprese a parlare.- Lo sa che il calore è una misura del movimento delle particelle della materia? - Indicò con un gesto il gelo che la attorniava. Allungò una mano verso il bancone della mensa afferrando una mannaia da macellaio - Io sono l'ordine, Pautasso. Io sono la ragione. Io sono la superficie liscia e gelata che che gli sciocchi nascondono dietro i vestiti perchè hanno paura della conoscenza. Ti ricondurrò alla ragione. La mente si basa sui simboli. Quando avrò ucciso il pinguino che credi di essere sarà morta anche la follia che quel pinguino rappresenta. Mi sarai grato quando sarà finita.


In altre circostanze, Pautasso si sarebbe trovato a disagio per la familiarità che quel passare al 'tu' implicava, ma sul momento preferì lasciar correre : c'erano obiezioni più pressanti di un eccesso di confidenza.


- Er... no, non credo che sarò grato, la ragione essendo che sarò morto. Piuttosto difficile essere grati da morti, non trova anche lei, dottoressa?


- Oh, ma io ucciderò solo il pinguino, non te. E' la tua cura. - Rispose lei alzandosi e muovendo i primi passi in direzione di lui. La lama della mannaia rifletteva la luce delle lampade alogene. Pautasso desiderò intensamente essere altrove.


- Non potrebbe risparmiarmi ? Se è la gratitudine il punto, le assicuro che sarei estremamente grato se lei evitasse di uccidermi.


- Temo che questo sia fuori questione. - rispose lei.


- Preparatelo - ordinò quindi al personale che era rimasto silenzioso alle spalle di pautasso.


Pautasso si sentì sbattere a terra e immobilizzare - Sono un dottore, non un agente di custodia - borbottò una voce mentre qualcuno tirava il suo becco così da distendere il collo sul pavimento, pronto per il colpo di mannaia.


Così poggiato sul terreno sentiva ancora più intensamente il ribollire delle linee di forza. Sotto la crosta gelata, le correnti energetiche che attraversano il pianeta ribollivano come una teiera dimenticata troppo a lungo sul fuoco.


- E comunque sono ragionevolmente certo che decapitare i miei pazienti non sia del tutto in linea con il giuramento ippocratico.- si lamentò ancora la voce dietro di lui.


Pautasso comprese in un istante improvviso cosa avrebbe dovuto fare. Ispirò profondamente, come un tuffatore che si prepari a un'evoluzione particolarmente difficile e proiettò la propria mente nel turbine di energia sotto di sè.

Pautasso aveva avuto qualche breve storia d'amore in passato, ma non era mai stato particolarmente passionale. Aveva visto i suoi amici fare ogni genere di sciocchezze sotto l'effetto di un sentimento che, sospettava a volte, era solo una riuscitissima invenzione pubblicitaria dei venditori di cioccolatini. Si era chiesto se sarebbe mai successo anche a lui di perdere veramente la testa per via di una donna.


"A quanto pare, sì", pensò mentre la dottoressa Levi calava la mannaia.

IX


La dottoressa Levi si rialzò dopo essersi chinata per vibrare il colpo di mannaia. Sotto di lei, Pautasso aveva l'aspetto di qualcuno che non avrebbe mai più dovuto preoccuparsi del mal di testa. Il problema, per così dire, era stato risolto definitivamente alla radice e reso impossibile a verificarsi.


Uno schizzo di sangue le aveva macchiato il braccio - Via, maledetta macchia - esclamò ghignando

- Chi avrebbe mai pensato che quel vecchio avesse dentro tanto sangue. - aggiunse divertita concedendosi un attimo di trionfo. Accanto a lei, il dottor mecchio la guardò perplesso.


- Pensavo che oramai si fosse abbastanza impratichita da sapere cosa attendersi - osservò Mecchio.


- e poi Pautasso non era così vecchio - commentò un'altra voce


- Magari era vecchio per un pinguino. - intervenne qualcuno - Che età avrà avuto, trenta? Trentacinque? Quanto vive di solito un pinguino?


- Comunque ,"vecchio" ha una sfumatura dispregiativa, è una parola che non bisognerebbe usare. Molto meglio "anziano".


- Gli ha staccato la testa dal collo e secondo te dovrebbe preoccuparsi perchè lo chiama "vecchio" invece che "anziano"?


- Solo perchè uccidi una persona non significa che devi mettere da parte le buone maniere.


La dottoressa levi fulminò con lo sguardo il personale della base. - Era una citazione dal Mac Beth - esclamò indispettita - Dovevo immaginarlo che nessuno qui ha la cultura per apprezzare una battuta di questo tipo.


- Sono un dottore, non un critico letterario - borbottò Mecchio.

Alcune tribù antropofaghe divorano i nemici sconfitti per impossessarsi delle loro qualità. Non si sa se il metodo abbia mai funzionato, ma forse dovrebbero solo applicarsi più a lungo. Dopo tutto, i pinguini mangiano pesce da migliaia di anni ed è innegabile che abbiano assorbito alcune caratteristiche dei pesci, quindi il il principio è valido.

Pautasso guizzava tra le correnti energetiche che scorrono sotto la superficie della terra. Il suo corpo affusolato, le sue ali simili a pinne, le sue penne come squame testimoniavano che generazioni e generazioni di cannibali non hanno poi tutti i torti.


Non era un corpo _fisico_ , beninteso. Era un corpo spirituale. La sua proiezione inconsistente ma reale nel caos inconsistente ma reale che ribolliva sotto la base. Si diede una spinta con i piedi palmati. I lampioni erano turbini oscuri conficcati nell'energia pura e limpida in cui nuotava. Improvvisamente, un feroce mal di gola lo costrinse a fermarsi e a piegarsi su sè stesso tossendo. Quando si riprese vide qualcuno nuotare accanto a sè. Un pinguino di sesso femminile. Al collo indossava una catena da cui pendeva una croce ansata.


Pautasso interruppe le spinte e si lasciò fluttuare. Gettò uno sguardo sotto di sè e subito si pentì :l'oceano di energia sprofondava perlaceo e luminoso fino al centro della terra : non una bella vista per qualcuno che soffriva di vertigini. In alto, la superficie terrestre era scura e irregolare come un soffitto lurido o un cielo in tempesta costellato dai turbini tenebrosi dei lampioni.


Pautasso rivolse la sua attenzione alla pinguina che gli stava accanto, tranquilla e, Pautasso l'avrebbe giurato malgrado l'aspetto decisamente inflessibile di un becco, sorridente.


- Pensavo di essere da solo.


La pinguina scosse il capo. Un filamento di energia, leggermente più chiaro dell'ambiente circostante come possono esserci striature più chiare in una perla o in una colonna di alabastro, si attorcigliò al suo becco. Poi scivolò verso l'alto, in direzione dei turbini di oscurità.


- In certi momenti, nessuno è solo. Ci sono io.


- Il mal di gola improvviso. La dottoressa Levi lo ha fatto, vero? Mi ha decapitato. Sei la morte, vero?Sei venuta a prendermi?


La pinguina accennò un gesto vago con l'ala. - Forse. Tecnicamente sei morto, il che significa che devo essere presente, ma d'altra parte il tuo corpo spirituale può ancora agire. E ti trovi in una condizione particolare, con questa concentrazioen di energie.


I due rimasero immobili, fluttuanti, sospesi nel vuoto di quell'energia senza fine. La pinguina giocherellava con i filamenti di energia. Li arrotolava attorno alle ali, poi li sfilava con il becco e li soffiava via come stelle filanti. Le correnti non li sfioravano. Come nell'occhio di un ciclone.


- Si può sfuggire alla morte anche all'ultimo momento? E questo che dici?


La pinguina soffiò via un filamento di energia e lo seguì con lo sguardo mentre risaliva verso la superficie . Si voltò verso pautasso e disse : - No. Nessuno può sfuggire all'ultimo momento. Ma non è detto che l'ultimo momento sia questo. Le tue condizioni sono particolari. Ci sono... alternative.


- E se io non le trovassi? Di solito la decapitazione è una condizione piuttosto definitiva.


- In quel caso - rispose la morte mentre il filamento veniva risucchiato dall'oscurità tenebrosa di un lampione - Non avrai mai più bisogno di un cappello.


Pautasso valutò quella frase. Poi, rivolse lo sguardo ai turbini sopra di sè.


Inspirò profondamente, per quanto questo gesto possa avere senso per un'entità disincarnata. Si colmò dell'energia che lo circondava. Pensò a ciò che quei lampioni rappresentavano, alle cose la sopra che suggevano l'energia vitale della terra attraverso i lampioni. Pensò a ciò che amava, a ciò che quelle creature avrebbero distrutto.


Normalmente, nei racconti, questo consiste in una donna amata teneramente, ma Pautasso non aveva mai avuto molta fortuna in amore . Quasi lasciò perdere, ripensando a una donna che aveva trovato che il suo affetto fosse fonte di ilarità. "Ben le starebbe, essere trasformata in una mostruosità non morta" pensò per un attimo.Poi, il suo pensiero corse ai cofanetti con i dvd delle varie serie di star trek che aveva comperato ma non aveva avuto il tempo di guardare.


Allora, espirò, soffiò verso un vortice quell'energia intrisa della sua essenza pinguinesca. Poi inspirò e soffiò di nuovo, vortice dopo vortice.

E in superficie, la dottoressa Levi vide il comandante della base esplodere in uno sbuffo di penne bianche e nere, come il cuscino di uno juventino scaraventato contro una moosega. Poi un operaio fece la stessa fine. Poi l'altro. Poi il tecnico informatico. Poi il cuoco, trasformato in uno sbuffo di piume con un botto improvviso. Il personale della base crollava a terra. Non morti, che morti lo erano già, ma piuttosto annullati, privi di quell'essenza maligna che li animava, trasformati in ciuffi di penne come piumini per la polvere.


La dottoressa Levi ci mise solo un attimo a capire cosa stava succedendo. In qualche modo Pautasso aveva corrotto l'energia che i lampioni incanalavano in lei e nel resto del personale.Le bastò un pensiero per recidere il legame che collegava il personale ai lampioni. Questo l'avrebbe resa più debole, privandola di quell'energia che la sosteneva e sopprimeva la fame insaziabile di sangue, ma era necessario per darle il tempo di pensare al da farsi.

X


Pautasso provò un certo timore, disincarnato sotto la crosta terrestre, guardando i lampioni sopra di sè, turbinanti di energie oscure.


I legami con i vampiri in superficie si erano infranti, quello lo sentiva. Si rivolse alla morte che, accanto a lui, era impegnata a intrecciare due filamenti di energia in un braccialetto insolitamente ampio.


- E adesso ? - le chiese.


Lei terminò di chiudere il braccialetto tirando un filamento di energia con il becco per serrare un nodo, lo infilò all'ala, poi si rivolse verso di lui.-


Adesso, scoprirai se questo è davvero l'ultimo momento.


La morte mosse un gesto incoraggiante verso i vortici che li sovrastavano. Il filamenti del bracciale sembravano dissolti lasciando solo i nodi, luminosi come piccole stelle ordinate. Brillanti incastonati nella sua ala. - Attendere non cambierà il risultato. - aggiunse.


Pautasso le rivolse uno sguardo interrogativo. Aveva percepito una nota strana nella sua voce.


- Beh, sì, una delle ragioni per cui ho fretta è che voglio andare a casa a guardare l'ultimo episodio della mia sitcom preferita- aggiunse la morte sbuffando con fastidio - ma quello che ho detto è vero -aggiunse poi con gentilezza - Attendere NON cambierà il risultato.


Pautasso si fece coraggio e si proiettò nel turbine. Un dolore sempre più intenso strinse il suo collo. Attinse alle energie che lo circondavano per mitigare quel dolore e si trovò a ripensare a quando aveva dovuto indossare una cravatta per una riunione di lavoro. L'unica camicia pulita aveva un colletto troppo stretto e la sensazione era stata simile. Poi, si ritrovò nel mondo reale.


Si rialzò goffamente in mensa. Ai suoi piedi si estendeva una larga chiazza rossa di sangue ghiacciato. La chiazza aveva al centro una lieve concavità . Un osservatore attento avrebbe potuto riconoscere in essa il profilo di un cranio tondeggiante da cui si estendeva un becco notevole. Oscillò il capo con una certa esitazione. Istintivamente, tendeva le ali simili a pinne in direzione del movimento, pronte a afferrare, casomai la testa fosse risultata attaccata al collo meno solidamente del previsto. Non si soffermò a chiedersi cosa avrebbe fatto in quel caso. Andare in giro trasportando la propria testa sottobraccio non sembrava un'idea particolarmente dignitosa.

Ma la testa non cadde.


La mensa era deserta. Qua e la, piccoli cumuli di penne segnavano il luogo in cui si erano dissolti gli uomini e le donne che formavano il personale della base,ammonticchiati come mucchi di foglie secce rastrellate da un giardiniere. Una tuta da lavoro e un paio di attrezzi segnavano il luogo dove si era trovato un operaio. Un palmare e un tester indicavano che lì si era dissolto il tecnico addetto a informatica e telecomunicazioni. Il capofficina, un uomo massiccio dalla lunga barba e dai modi grossolani, si era trovato vicino al bancone. Pautasso notò con un certo stupore che la sua dipartita era segnata,tra gli abiti da lavoro, da un paio di mutandine da donna di pizzo rosa, con un cuore ricamato sul pube.


Il terreno vibrò con un rombo sordo. Pautasso, che tempo addietro aveva abitato accanto a un quindicenne con una passione per il metal, provò un impeto di nostalgia. Ma questa volta non era un adolescente in preda a una passione più fragorosa che intensa . Era la pressione innaturale delle energie del pianeta.


Finchè era durato il legame potevano sfogarsi almeno infondendo forza e potenza nelle creature di oscurità che affollavano la base. Ora che La dottoressa Levi aveva tolto quell'unica via di sfogo la pressione cresceva. I lampioni saltavano uno a uno. Sparati verso il cielo come fuochi d'artificio.


Pautasso li sentiva. I suoi sensi erano acuti e sofferenti. Percepiva ogni evento con la sensibilità dolorosa di una pelle ustionata. Sentì un lampione staccarsi da terra e percorrere una parabola azzurra e rovente nel cielo per conficcarsi nel ghiaccio a due kilometri dalla base. Sentì il ghiaccio sciogliersi attorno al metallo incandescente. Sentì la temperatura alzarsi nella base e nei terreni attorno, mentre l'energia turbinante cercava uno sfogo.Le lampade alogene nella stanza scoppiarono una dopo l'altra, con un crepitio lugubre e una pioggia di schegge di vetro. Il ghiaccio e il calore iniziavano a cozzare generando una lieve foschia che invadeva la stanza come un brutto effetto speciale.Sentì due presenze nella base. Due vampiri. Uno non era importante. L'altro era la dottoressa Levi


La raggiunse. Oh, ci furono trappole, ovviamente. trabocchetti, inganni, agguati, sotterfugi, incantesimi, cose che la dottoressa stessa non avrebbe saputo spiegare, conoscenze che le venivano trasmesse dall'oscurità antica che la manipolava.Ci fu tutto ciò, e anche di più, ma Pautasso si muoveva con una facilità, un'istinto che nn sapeva di avere. La trovò nella stanza di lei, seduta sul letto, in attesa.

- L'aspettavo, pautasso. Mi sono sentita in dovere di fare il possibile per ostacolarla, ma il risultato non era in dubbio.


Pautasso mosse un ala in un gesto vago, cercando le parole. Era troppo educato per non ricambiare il complimento


- Troppo buona. Un paio di volte ho pensato davvero di non farcela.


-No, non c'erano veri dubbi - rispose la dottoressa Levi - Lo sa che l'elaborazione di un lutto prosegue attraverso fasi prevedibili, pautasso? C'è il rifiuto, la rabbia, il tentativo di negoziare, e alla fine l'accettazione. E' strano conoscere queste cose. Seguo le mie emozioni e so che quello che provo segue uno schema. So quello che proverò dopo e quello che proverò dopo ancora. Mi vanto di essere una persona razionale, Pautasso, e so di essere sconfitta. Quindi, facciamo pure conto che io sia già all'accettazione. Cosa succede ora?


Pautasso ricambiò il suo sguardo, una sensazione di odio si impadronì di lui. Un odio gelido come solo un uccello abituato a vivere a 30 gradi sottozero può provare.


Affondò il becco nel torace di lei. Si dice spesso che per uccidere un vampiro sia necessario un paletto di frassino, ma non è così. Il becco appuntito di un uccello mannaro è più che sufficiente. Torse di lato in modo da spezzare le costole e farsi spazio per affondare più a fondo. Trovò il cuore, più in centro al torace di quanto avesse creduto. Lo strappò via e lo inghiottì, scattando il capo all'indietro nel deglutirlo.

... no. Non lo fece...

Le lacerò l'addome. Strappò via i suoi intestini e li sospese da parete a parete come festoni a una festa di capodanno. Poi la..

... no. Non lo fece ...

La lacerò. La bruciò. La ...

- NO!

La dottoressa Levi rivolse uno sguardo stupito al pinguino che le stava di fronte.- Non c'è bisogno di urlare.


Pautasso riprese il controllo con fatica. Si sforzò di mantenere un tono di voce calmo nel rispondere.- Non mi ero reso conto di quanto lei avesse ferito questo luogo. Qui la terra stessa la odia, dottoressa. Mi spinge a trattarla in modo


... UccidilaUccidilaUccidilaUccidilaUccidilaUccidilaUccidilaUccidilaUccidila


- ... in modo poco gentile, diciamo.


La dottoressa Levi lo guardò con curiosità.


- Poco gentile come fingere di non sentire quando le chiedo di passarmi il sale a tavola?


Pautasso scosse il capo. Il becco si mosse con un gesto involontariamente brusco, come se avesse voluto conficcarlo in qualcosa di fronte a sè. Si sforztò di mantenere lo sguardo rivolto al viso di lei.

Gli occhi scendevano involontariamente verso il torace. Non desiderio mammifero di una donna, ma bramosia famelica di una preda. Il cuore. Il cuore e lì. Strappale via il cuore e mangialo!


- Non proprio.


- Non avrebbe dovuto finire così - aggiunse ancora lei - Cosa ho fatto di male? Volevo garantire il benessere per tutti. I lampioni ci avrebbero dato la tranquillità mentale. L'energia incanalata da essi ci avrebbe liberati dalla necessità di mangiare, di ripararci dal freddo, ci avrebbe resi migliori. Perchè mi ritrovo improvvisamente a rappresentare la cattiva della situazione?Tutto ciò che ho fatto era per il bene di tutti.


Pautasso non seppe mai con certezza da dove venissero le parole che pronunciò in quel momento. Quel legame che avevano condiviso quando lui era immerso nell'energia sotto la crosta terrestre non si era ancora dissolto.


- spesse volte -disse -, per portarci alla nostra perdizione, i ministri delle tenebre ci dicono il vero; ci seducono con delle inezie oneste, per tradirci in cose del più grave momento.


Lei parve riconoscere quelle parole - Appropriato - disse- E ora?

- ora dottoressa - rispose Pautasso - lei deve andarsene.

XI


Accanto alla base si trovava una spianata. Il calore innaturale si stava placando. Tra breve il gelo avrebbe fatto scomparire la nebbia, ma per ora la visibilità era ancora ridotta a pochi metri. Il mondo era un pallore reso opalescente dalle luci dei pochi lampioni ancora in piedi.


Pautasso e la dottoressa Levi raggiunsero una motoslitta.


- Ecco, dottoressa. Ora è tempo che lei vada.


- Devo proprio?


- Se non sale su quella motoslitta se ne pentirà. Forse non oggi e forse nemmeno domani, ma presto, e per il resto della sua... uh, vita.


- Credo che riferendosi a un vampiro il termine corretto sia "non morte"


- Quella cosa lì, allora. Comunque durerà poco se rimane qui. Vada, dottoressa.


La dottoressa salì sulla slitta e scomparì rapidamente nella nebbia. Rientrando alla base, Pautasso si imbattè nel dotor Mecchio. Non provava nei suoi confronti lo stesso odio istintivo che aveva provato nei confronti della Levi. Scambiarono qualche chiacchiera mentre rimettevano in ordine la base.


- Questa- osservò Pautasso al termine della conversazione - potrebbe essere l'inizio di una bella amicizia.

domenica 2 novembre 2008

anche uno sciacallo parla di ciò che conosce

Ho comperato "changeling, the lost". E' un gioco di ruolo della white wolf, ambientato nel "world of darkness", ovvero sostanzialmente il nostro mondo ma con un po' più di enfasi sugli aspetti deprimenti.

Penso di situare le mie partite nella mia città, Torino. Così, sto preparando una traccia dei luoghi suggestivi da far visitare ai miei giocatori e degli eventi interessanti da far succedere.

Essendo, appunto, il world of darkness, i luoghi e gli eventi cui mi riferisco non sono dei più allegri.

Uno è il cinema statuto, dove nei primi anni ottanta sono morte 64 persone in un incendio. Nella mia versione di Torino non l'hanno mai restaurato e trasformato in un supermercato. E' ancora lì, come è stato per anni, un portone sigillato oltre i cui vetri si intravede un atrio sudicio e annerito di fumo. E accanto alla porta ci sono le locandine di due film : "la capra", una commedia francese che proiettavano quel giono, e "pierino contro tutti", con Alvaro Vitali E mentre di fuori le auto schiamazzano pare quasi di sentire, mescolato ai gas di scarico l'odore del fumo che ha soffocato tutte quelle persone.

Un altro posto è la camera ardente all'obitorio. Ci sono stato anni fa,quando una ragazza cui ero molto legato ha avuto la bella idea di suicidarsi. Non era la prima volta che lo faceva, ma era la prima che ci riusciva. E' il genere di cosa per cui un solo successo è sufficiente. Ho un ricordo piuttosto nitido di quel posto. Soprattutto l'odore. Tre o quattro gruppi di persone facevano capannello attorno a altrettante bare e voglio pensare che l'odore dolciastro che sentivo fosse solo quello dei fiori. Di solito è un posto che riesco a descrivere con discreta efficacia ai miei giocatori.

E poi cimiteri, carceri. Una scena la voglio ambientare all'ospedale, al capezzale di un elementale della natura, comatoso e intubato, con le pareti della stanza coperte d'edera, i tubi di plastica che si intrecciano ai viticci e sul pavimento croccanti foglie rosse e autunnali.

tutte cose così, insomma.

E per una volta mi sono trovato a chiedermi se sia eticamente corretto. Uno degli assiomi che si leggono sovente nei testi di scrittura creativa è che bisogna scrivere di ciò che si conosce. La cosa vale anche per i gdr : descrivere ciò che si conosce aiuta a creare descrizioni interessanti. E se si tratta di eventi o situazioni che hanno un peso emotivo anche per i giocatori allora l'effetto è ancora più intenso. Se ricordo bene, proprio la white wolf ha pubblicato un'espansione dedicata a Auschwitz per il gdr "wraith the oblivion". Senza averla mai letta già solo l'idea basta a suscitare emozioni inquietanti.

Ma, davvero, mi sto rendendo conto che un'ambientazione realistica contemporanea per un gdr crea un conflitto.

Da un lato è corretto usare tutto ciò che si ha a disposizione per creare l'atmosfera desiderata.

Dall'altro, sfruttare al sofferenza e la morte *reali* di qualcuno per ottenere una
serata piacevole tra amici mi sembra inappropriato. "Siete in un posto terribile, decine di persone ci sono morte orribilmente. Oh, e la torta che ha fatto tua moglie è davvero buona, me ne passi un'altra fetta per favore?"

Probabilmente aggirerò il problema creando equivalenti fittizi per i luoghi reali. Magari sostituirò il macabro (reale) del cinema con quello del luogo di un (immaginario) attentato terroristico negli anni 70, per esempio.

E non intendo negarlo : anche quando ho descritto i miei esempi qualche paragrafo più su ho agito, al solito, da buon sciacallo, perchè avrei potuto parlare in generale invece di citare qualche esempio. Ma mi sembrava che così venisse meglio.

Certo, non sono dubbi nuovi. Quando esce un film o un romanzo legatia qualche evento controverso le polemiche non mancano. Basta vedere cosa è successo per l'ultimo film di spike lee. Ma improvvisamente mi sono accorto che, nel mio piccolo, il dubbio etico esiste.

E secondo voi, fino a che punto è giusto appofittare delle sofferenze reali per il gusto di scrivere o giocare una buona storia? Per divertirsi insomma?