mercoledì 11 giugno 2008

Turisti in atlantide

Qualche giorno fa, "la stampa", il quotidiano di Torino, ha publicato un articolo entusiasta: la guida michelin ha assegnato tre stelle alla città. A quanto pare, questo rende la metropoli sabauda un'attrazione turistica al livello di città come Roma e Venezia.

Ora, io non so bene cosa possa avere in comune con Roma, ma a quanto pare le divinità tutelari di Torino hanno saputo la notizia in anticipo e hanno deciso che Venezia era un modello più adeguato da imitare. Non abbiamo ancora piazza san Marco o il ponte di rialto, ma l'acqua alta cominciamo a averla pure qui. Se continua faremo la fine di atlantide. Tra duemila anni gli studiosi si chiederanno se il piemonte si trovava nell'egeo, nell'atlantico o magari nel mar del giappone. Ci saranno accesi dibattiti e qualcuno sosterrà che si tratta solo di una allegoria :"la divisione della società nelle due caste di torinisti e juventini è chiaramente un riferimento simbolico al dualismo corpo/anima, maschio/femmina, polenta/salsiccia...".

Insomma, nelle ultime settimane ha piovuto mica poco.

Così mi è venuta l'idea di provare a scrivere qualcosa sulle storie fantasy o sf ambientate sott'acqua.

E mi sono accorto che quelle che sono in grado di elencare sono sorprendentemente poche.

20.000 leghe sotti i mari, il film "the abyss", un paio di mediocri horror anni 80 di cui non ricordo il titolo, un vecchissimo telefilm intitolato "l'uomo di atlantide". Il mondo sommerso visitato dal fidanzato della protagonista nela prima trilogia della troisi. Namor sovrano di Atlantide nei fumetti marvel. In un certo qual modo Solaris, di Lem.

E di accostamento di idee in accostamento di idee sono andato avanti. Non riesco a tenere i miei pensieri concentrati su di un solo argomento nemmeno quando dormo. Figuriamoci quando mi permetto volutamentedi divagare.

Sospetto che l'idea di un'ambientazione sottomarina sia poco usata perchè richiede un lavoro di ricerca. Un autore può inventarsi un pianeta alieno e attribuirgli tutte le caratteritiche che vuole. Chi può smentirlo? Giusto chi ha studiato l'argomento. Ma il mare? Persino io penso di avere un'idea di come sia fatto. E non calpesto una spiaggia dal 92. Andare al mare *non* è il mio modo preferito di trascorrere le ferie.

Da lì, l'accostamento di idee è stato all'importanza di avere regole ben definite per dare credibilità a una storia. Solo che.. altolà, non è vero. In molte delle mie storie preferite la magia non ha confini ben definiti.

La mia conclusione : non è importante che le regole ci siano. E' importante però che *sembri* che ci siano. Il fatto che vengano rivelate o meno fa la differenza tra la fantasy più mistica e quella in cui la magia viene vista in un'ottica quasi scientifica (il raggio della palla di fuoco va con il quadrato della quantità di polvere di pipistrello usata per l'incantesimo. Cose così).

Credo che elaborare un sistema magico coerente sia il modo più semplice per ottenere questo risultato. D'altra parte, non sono affatto convinto che sia opportuno spiegarlo.

In effetti, la maggior parte dei libri che prova a spiegare dettagliatamente il proprio sistema magico mi sembra finisca per evidenziare l'assurdità dello stesso. Questo va benone se si cerca un effetto umoristico ("operazione kaos" di Anderson, "magic inc." di heinlein o il ciclo del castello d'acciaio di De Camp), altrimenti è un guaio. Molto meglio lasciare i dettagli indefiniti e lasciare che si intuisca solo la presenza di una logica nota ai personaggi ma non al lettore.

E così finiscono i miei accostamenti di idee nella serata quasi estiva di un giorno in cui una volta tanto non ha piovuto.
Già da qualche giorno, a dire il vero, il cielo sembra essersi stancato : la pioggia non scende più instancabile come prima. L'acqua defluirà e i turisti, immagino, dovranno rassegnarsi all'idea di non poter attraversare via Roma in gondola.

Speriamo che la guida michelin non se ne accorga e ci tolga quella stella in più.

7 commenti:

Mirtillangela ha detto...

Bel post e bella riflessione, hai la capacità di parlare di una cosa complicata come l'interpretazione del magico nel fantasy, con molta padronanza e "leggerezza" (in senso positivo, eh).

Ci ho riflettuto e sono dibattuta. Da una parte è vero quello che dici, i libri meglio riusciti sono quelli in cui la magia è _vissuta_ senza alcuna spiegazione, come fosse una cosa naturale. Funziona bene, come meccanismo.
D'altra parte mi trovo a riflettere che se il magico è troppo dato per scontato e,aggravante, nemmeno troppo contestualizzato nell'ambientazione, la cosa perde il suo spessore. E mi spiazza.
Lì un pò di spiegazione non farebbe male.
Ad esempio, non è fantasy puro, ma la saga di darkover la genesi del suo elemento fantastico lo spiega benissimo ma questo non appesantisce la narrazione, gli dà coerenza.

Fed Zeppelin ha detto...

Altro che flusso di coscienza... Joyce ti fa un baffo!
Ciò detto. Sul perché il mondo sottomarino sia poco usato come ambientazione ho anche io la mia personale teoria, non sono del tutto sicura che la necessità di una ricerca e di un minimo di realismo sia l'unico deterrente. Penso che il discorso sia da integrare con la difficoltà di introdurre soluzioni credibili ai problemi pratici: come fanno i personaggi a respirare sott'acqua? a) sono sirene e tritoni o altre beste affini (essai che palle! oltretutto fa tanto andersen e storie per bambini) b) li mutiamo di scafandro (??? necessario commentare questo?) c) li mettiamo a vivere in una città sottomarina in una bolla di qualche materiale che protegge il biosistema in modo che i personaggi possano respirare e vivere come se fossero sulla terra ferma (ecco, e allora non era meglio lasciarli sulla terraferma? e poi che fanno? sono condannati a restare per sempre in città? un tantino claustrofobica sta cosa). Questo tanto per fare un esempio. Poi il mare lo conosciamo più o meno tutti, e questo toglie molto alla patina di 'esotico' che l'ambientazione potrebbe avere. Anche riguardo alla magia fai un discorso interessante, io sono della linea che fanculo le spiegazioni è meglio che rimanga nel mistero, purché non si esageri con le cavolate. Insomma, la sospensione dell'incredlità da parte del lettore va bene, ma fino a un certo punto. Poi vabbè ci sono dei libri in cui qualcosina viene spiegato e la cosa funziona bene lo stesso. Dipende molto dall'autore, come tutto del resto :)

alladr ha detto...

non amo le spiegazioni troppo dettagliate dei sistemi (di qualsiasi cosa, neanche dell'organizzazione militare o della fisiologia dei draghi, a meno che questo non sia funzionale alla storia) ma guarda caso quando non c'è un lavoro di progettazione me ne accorgo. e di solito mi arrabbio: non pretendo l'originalità a tutti i costi in tutto, ma ne ho un po' le scatole piene della magia misteriosa e inesplicabile e incomprensibile (pure all'autore!).
il discorso che fai sull'assenza di ambientazioni sottomarine funziona molto bene in italia (dove, credo, la gente è convinta che scrivere sia una cosa facile e sia sufficiente mettere una qualsiasi parola dietro l'altra per aver bell'e fatto un romanzo fantasy), meno all'estero dove, credo, pesa di più il fatto che se non ci sono solo personaggi non-umani (ma, in generale, i romanzi con solo personaggi non umani o non umanoidi sono rari), costringe l'autore a lavorare su ambienti comunque in qualche modo ristretti, limitati.
ma magari sbaglio.

sauron era un bravo artigiano ha detto...

@ mirtillangela : in parte ammetto che i miei gusti e le mie impressioni possono oscillare paurosamente a seconda di cosa colpiscelamia attenzione di volta in volta. Non avevo pensato a Darkover che, in effettiè un buon esempio.

Mi pare però che ci sia un equilibrio delicato e inclinare la bilancia da un lato dall'altro porta a storie di spirito molto diverso.
Nell'high fantasy, quando si cerca un respiro epico, secondo me è bene che la magia sia potente e le regole che la governano non siano ben definite. Qualcosa che incute timore, come un fenomeno naturale che non si riesce a comprendere.

Il problema è che se il lettore si accorge che le regole non sono al di là della sua comprensione ma, semplicemente, non esistono e l'autore butta lì qualche parola altisonante quando gli fa comodo per avanzare la storia, allora il risultato è più fastidioso che affascinante.

D'altra parte, una magia più dettagliata, in cui le regole vengano descritte, porta a storie che tendono più verso la fantascienza. Un mondo in cui la magia produce risultati misurabili e ripetibili non è tanto un mondo magico quanto un mondo con leggi fisiche fantastiche. La magia diventa tale e quale all'iperspazio (legge di clarke e così via). Il problema in questo caso è che le regole definite devono essere coerenti, credibili e *credibili in tutte le loro conseguenze* (cosa mica da poco).

Poi, sono considerazioni che tiro fuori sul momento, non hanno ancora pienamente preso forma, mi riservo ancora di cambiare idea.

@fed quello che dici circale difficoltà di ambientare una storia sott'acqua è vero. Penso che si potrebbero fare egregie cose sfruttando proprio quel tanto di familiarità che abbiamo tutti con il mare per ottenere un effetto di straniamento. Ma in effetti bisognerebbe lavorare non solo didocumentazione ma anche di fantasia per trovare un contesto che giustifichi l'ambientazione e permetta ai personaggi di muoversi in essa.

@alladr Non discuto l'opportunità del lavoro di progettazione. Magari se ne può fare a meno, ma visto che l'ambientazine deve *apparire* coerente e ben progettata, probabilmente progettarla coerentemente è il modo migliore per farlo. Anche a me da fastidio la sensazione che l'autore proceda a braccio inventandosi quel che capitadi volta in volta..

Quello che mi domando è quanto del lavoro di progettazione deve essere reso noto al lettore. Se non si vuole che venga meno la sensazione di meraviglia che è un po' il cuore del fantasy.

Quanto l fantasy italiano... non so da quanto sei in giro tu. Io ho iniziato a seguire il fantasy negli anni 80, quando gliautori italiani erano praticamente inesistenti tranne poche fanzine. LA mia impressione è che un po' alla volta sia cresciuto e stia ancora crescendo. Basta leggere un Paolini per constatare che i difetti che attribuisci all'italia non latitano nemmeno all'estero. La mia sensazione è che il prodotto medio italiano sia più o meno allo stesso livello del prodotto medio americano : banaluccio ma non sgradevole.

Mirtillangela ha detto...

@sauron: hai centrato il passo successivo del mio ragionamento.
Nell'high fantasy la magia è un'entita quadi indomabile, in possesso di pochi, che incute istintivo timore. In romanzi più "fantascientifici" la magia è più "razionale e coerente" e, a ben vedere, Darkover è più fantascienza che fantasy anche per questo motivo.

Quindi il bello del magico risiede nell'imponderabile fascino che esercita sul lettore, o nella sua capacità di stimolare anche altre sensazioni più "cervellotiche"?
Credo che sia questione di gusti e di aspettative da lettore.

Quanto al come dettagliare/descrivere il magico senza fargli perdere fascino, io penso che tutto dipenda dalla bravura dell'autore.
Per rendere credibile il magico senza metterlo in scena come un documentario o come invenzioni estemporanee, serve che l'autore stesso ne parli con naturalezza. Serve che chi scrive abbia interiorizzato così bene la funzione magica nella sua ambientazione, da lasciarla fluire sulle pagine senza forzature. Con naturalezza, appunto.
Lì si genera stupore e meraviglia.

Quindi è vero che serve pianificazione (sapere a che serve sta magia, quando tirala fuori, etc), ma anche naturalezza (l'autore conosce talmente bene la sua magia, che la usa in modo fluido). Il lettore non è detto che debba sapere tutto sulla genesi di quella magia, ma deve intuire che l'autore SA quello che sta facendo e solo così gli si affiderà completamente.

Il Coniglio Mannaro ha detto...

@Sauron: non so se sei passato in piazza S.Carlo, ieri, ma quasi di fronte al caffè Torino era "parcheggiato" un quindici metri: considerando il ritorno del maltempo lo considero un inquietante segnale!
Gran bel post: complimenti.

Ora dico la mia sulla questione letteraria trattata: sono d'accordo con te, quando affermi che il prodotto italiano sia nella media di altri lavori (l'esempio di Paolini calza alla grande).

Per ciò che concerne l'ambientazione, credo che il problema dell'elemento acqua sia dovuto, oltre alle implicazioni pratiche esposte da fed (respirare, etc), al fatto che le razze "tipiche" del fantasy siano legate indissolubilmete alla terraferma: probabilmente un lettore troverebbe strano vedere un elfo o un troll agire sott'acqua, dtrappandoli da quei canoni culturali e ambientali cui ogni lettore fantasy è abituato.

In merito alla questione "magia", sono d'accordo con te: le informazioni non devono essere eccessive, non solo perchè si sconfinerebbe nella fantascienza, ma anche perchè il lettore potrebbe esserne fin annoiato; inoltre la magia è sinonimo di mistero: svelarne troppi particolari ne attenuerebbe il fascino. Tuttavia non è neppur saggio tralasciarne gli aspetti basilari, magari esaltando eccessivamente il lato "illogico" della magia: il caso tipico dell'incantesimo che assorbe le forze di chi lo lancia è un esempio di quei vincoli cui l'autore dovrebbe, a mio avviso, tener conto.

Un altro romanzo che, parzialmente, si svolgeva sott'acqua era la trilogia degli Orchi di Stan Nicholls (mi pare vi fosse tale ambientazione in una parte del secondo volume): un lavoro interessante, seppur viziato da una conclusione precipitosa che forse tradisce il desiderio di concludere in fretta il racconto da parte dell'autore.

Non ricordo bene, ma mi pare che l'uomo di Atlantide "lavorasse" sulla terraferma, seppur appartenente al mondo marino, giusto a titolo informativo. :-)
Bye bye a tutti!

sauron era un bravo artigiano ha detto...

@mat non sono passato da piazza san carlo, ma ho visto al foto sul giornale. In effetti è davvero un segnale inquietante. Spero solo che il passo successivo non sia una fila di animali, tutti disposti ordinatamente a coppie, che si prepara a salire a bordo *quello* saerbbe davvero grave.

Riguardo all'osservazione che fai circa il fatto che le razze sono legate alla terraferma, è vero.D'altra parte, il ragionamento diventa un po' circolare : l'ambientazione è terrestre perchè le razze sono legate alla terraferma e, siccome l'ambientazione è terrestre le razze sono legate alla terraferma.
E' curioso che ci sia tanta fedeltà alle razze tradizionalmente tolkieniane in un genere che dovrebbe essere fantasioso per antonomasia. Uhmmm mi sta venendo un'idea per un post sull'importanza, come dici, dei "canoni culturali e ambientali cui ogni lettore fantasy è abituato".

L'uomo di atlantide lavorava sulla terraferma? Capperi che delusione NOn me lo ricordavo. Ho un ricordo vagihssimo di quella serie. Più che altro ricordo che il protagonista nuotava in un modo strano e che in un episodio salvava romeo e giulietta dal suicidio.

@Mirtillangela : sono assolutamente d'accordo che la magia non debba mai apparire forzata. Ci sono volte in cui la magia diventa solo uno strumento usato dall'autore per intervenire direttamene nella storia. Mi sembra un segno di pigrizia e ha l'effetto di infastidirmi quando me ne accorgo. E' sicuramente la cosa più importante.
Sul fatto che poi preferire il fascino dell'imponderabile o quello più cervellottico sia questione di gusti e di aspettative, anche, certamente.

Eppure, non saprei, saranno forse proprio quei gusti che menzioni o quell'abitudine cui si riferisce mat ma mi pare che sminuire il mistero della magia significhi rinnciare a molto di ciò che definisce il fantasy come tale.

E' interessante questa conversazione. Partendo da qualche accostamento di idee sono giunto, come im capita spesso, a capire che non ho le idee chiare neanche io. Il che, rispetto a essere nella stessa condizione ma credere di averle, è pur sempre un bel passo avanti!