lunedì 8 marzo 2010

sull'amore per le lingue

Salgo in auto, dalla parte del passeggero. La donna dal lato del volante sistema il navigatore gps e ci armeggia per qualche secondo. Quando partiamo, dal piccolo schermo appiccicato al parabrezza arriva la prima indicazione: "turn left".

La donna è mia cugina ed è affascinata dalla lingua inglese. Legge solo materiale in inglese, guarda film solo se può guardarli in inglese e si è addirittura configurata il navigatore di conseguenza. In varie occasioni mi ha proposto di parlare in inglese con lei. "Preferirei di no" le ho risposto Mevillianamente. Mi sentirei ridicolo a discorrere con lei nel dialetto della perfida Albione. Entrambi abbiamo più familiarità con l'italiano. Perchè complicarci la vita?

In modo meno estremo, il fenomeno non è raro.Conosco una persona che definisce elegante il tedesco e più di un'insegnante in pensione che venera il latino. E' una cosa che non ho mai capito.

Non discuto la comodità, l'utilità o il piacere che derivano dalla conoscenza delle lingue. Sono ben lieto di guardare film e telefilm americani o inglesi scampando a doppiaggi sovente approssimativi. Apprezzo di poter leggere i libri senza dover attendere la traduzione. Ma mi piace la lingua inglese? Per me è come un cacciavite o una chiave (guardacaso) inglese. Uno strumento. La categoria di piacere non si applica.

Non penso che sarebbe diverso per un'altra lingua. Ho provato per un po' a studiare il francese, magari riprenderò, se mai ne avrò il tempo. Mi piaceva imparare a decifrare il significato di quello che veniva detto e vorrei essere in grado di apprezzare libri e film anche in quella lingua. Mi piaceva il francese? La domanda per me non ha significato. Come per un cacciavite.

Il massimo che posso dire è che, siccome uso l'inglese soprattutto per attività che mi divertono, la mia mente ha imparato a essere bendisposta quando si imbatte in quella lingua. Ma non trovo nessun modo di applicare criteri estetici a quello che per me è solo uno strumento. Posso aggiungere che ci sono lingue che suonano più musicali di altre, ma non le trovo belle o brutte come lingue. Solo come suoni.

E mi è rimasta la curiosità: quanto è comune la capacità di apprezzare questo tipo di bellezza che mi elude? Quante persone sanno apprezzare una lingua non per la sua utilità ma per l'eleganza, che io non so riconoscere, della sua grammatica?

Chi rappresenta la norma? Io o loro?

12 commenti:

Valberici ha detto...

Mah, forse ci sono lingue più "musicali" e altre più "precise"...io però non ho mai colto queste differenze.
Forse perchè ho sempre studiato le lingue per necessità :)

Fed Zeppelin ha detto...

bella domanda! Io faccio parte dei 'loro': io non uso l'inglese, lo amo (anche se non arrivo a configurare i miei strumenti nella lingua di Albione).
Parlando da ex studiosa di lingue ti posso dire che alcuni studi ci 'educano' ad apprezzare non solo l'utilità della lingua ma anche la sua struttura, e forse è qui che nasce la nostra patologia.
L'inglese non è solo utile: ha una struttura veloce e funzionale e questo senza pardere nulla della capacità di espressione delle sfumature; è un meccanismo perfetto che ti permette di creare neologismi per qualsiasi concetto struso, senza nulla togliere alla comprensione della frase.
Io amo l'inglese al punto che, quando mi capita di leggere una frase ben costruita o perfetta per rendere un'idea, sono felice.

CMT ha detto...

That's the gospel truth, Fed. ;-)

Naeel ha detto...

quoto Fed.
io adoro l'inglese, ma va da sé che non parlo inglese nella vita di tutti i giorni, tranne che con gli amici stranieri.
ultimamente ho trascorso diverso tempo all'estero e mi sono resa conto di quanto l'inglese sia "il piano universale" il "common ground" su cui tutti si possono incontrare.
parlavo in inglese anche con le persone francesi. perché? beh perchè è comodo, veloce, versatile, più di un cacciavite. questo se vogliamo vedere le cose sul piano dell'utilità, ma l'inglese è musica pura alle mie orecchie. scivola leggero molto più del francese e dell'italiano, il tedesco neanche lo nomino. detto ciò resto una grande amante della mia lingua e non nego che mi sarebbe piaciuto studiare il latino, ma forse parlo così proprio perchè non l'ho mai studiato.

Fed Zeppelin ha detto...

@Naeel: è perché non l'hai studiato, te lo confermo :)

sauron era un bravo artigiano ha detto...

@ Valberici: meno male, allora non sono l'unico :)

@fed: uhm... dici che è questione del tipo di studi? in effetti è plausibile. Come per certa musica che è difficile apprezzare se non si hanno alle spalle certe conoscenze. La cosa strana è che non mi sembra di conoscerlo meno rispetto a persone che lo apprezzano di più. Magari è il tipo di approccio legato a uno studio più sistematico.

@cmt: am I supposed to answer "halleluja"?

@naeel. Sull'utilità dell'inglese come common ground (o come l'equivalente reale del "comune" di d&d) nessun dubbio. Ma non riesco a cogliere queste valenze estetiche. In compenso il latino a scuola l'ho fatto, a suo tempo. Avevo anche dei buoni voti, ma non è che mi affascinasse particolarmente nemmeno quello.
Ma davvero riesci a essere un amante delal tua lingua? Avrei detto che la propria lingua rimane trasparente. Almeno è così per me. Apprezzo un testo ben scritto o una frase ben cesellata, ma la lingua in sè la trovo difficilissima da percepire. Anche quando uno straniero mi viene a dire che ama il suono dell'italiano io lo ringrazio ma non capisco davvero perchè non riesco nemmeno davvero a percepire il suono dell'italiano slegandolo dal significato delle parole.

Naeel ha detto...

Fed tanto ormai sono fuori pericolo. :-)

Sauron, amo l'italiano per la sua complessità, per il suo essere pieno di segreti e trabocchetti. la nostra è una lingua che non ti fa mai stare tranquillo, pensi di conoscere alla perfezione la coniugazione dei verbi, d avere un discreto vocabolario e d'un tratto ti accorgi che quella parola ha altre accezioni, che di vocali nell'italiano ce ne sono 7 e non 5, per non parlare dell'etimologia... tu non hai idea di quanti viaggi mentali mi faccio io cercando di immaginare com'è approdata nella nostra lingua una parola greca, o di matrice francofona o anglofona, lo so queste cose si studiano, ma io ho fatto un istituto professionale e ora a 33 anni di studiare proprio non mi gira. ;-)

Fed Zeppelin ha detto...

non è una questione di _quanto_ si conosce una lingua, più del _come_. Nel senso che il trovarsi a studiare le dinamiche e i meccanismi di una determinata lingua (al di là della grammatica) ti porta ad apprezzare determinate cose :)

sauron era un bravo artigiano ha detto...

@naeel: Ma non sono così tutte le lingue? Magari mi sbaglio, ma ho sempre dato per scontato che qualunque lingua abbia un'infinità di sottiliezze per chi vuole anderle a cercare. Personalmente non credo che l'italiano abbia qualcosa di particolare a questo riguardo.


@Fed: Uhm. Interessante. Quindi approcciare una lingua in modo più metodico porta a un apprezzamento di tipo differente. Devo pensarci un po' su.

Naeel ha detto...

Sauron: l'italiano è molto più complesso della maggior parte delle lingue europee, dell'inglese soprattutto. in ogni caso non si tratta di sottigliezze, non saper coniugare un verbo non è una sottigliezza, è ignoranza. parlare con le "e" aperte o con le "o" troppo chiuse può sembrare una sottigliezza, eppure ci vien da ridere quando sentiamo parlare in TV gente che non ha una dizione corretta.

sauron era un bravo artigiano ha detto...

@naeel: sul serio è più complesso? Non lo sapevo. Sei sicura che non sia semplicemente il fatto che l'italiano lo conosciamo meglio per cui ne percepiamo meglio la complessità? Non so, non vorrei sembrare polemico, ma mi sembra strano che proprio la mia lingua sia così speciale. Penso che le cose che mi elenchi (diferenti etimologie, esistenza di una dizione corretta, coniugazione dei verbi, sfumature di significato, non saprei quanto al numero delle vocai) esistano in tutte le lingue.L'inglese, per ritirare in ballo l'esempio del post, è certamente molto facile da parlare comprensibilmente, ma è davvero più semplice dell'italiano da parlare bene?

alladr ha detto...

no, l'italiano non è più complesso dell'inglese. ha una morfologia più complessa, ma ha una sintassi più semplice (tutte le ridondanze dei sistemi verbale e nominale ci permettono una struttura frasale assai più libera, ad esempio). da un punto di vista etimologico (e quindi, più propriamente, lessicale), l'italiano ha una storia piuttosto anomala, essendo rimasto quasi immutato (e quasi solo scritto, eccetto che nell'area fiorentina) tra il trecento e la prima metà del secolo scorso, ma è un tantino, ehm, azzardato suporre una sua maggior complessità: anche l'inglese ha una storia, e anche la storia della llingua inglese è fatta di prestiti, adattamenti (magari solo fonologici, oppure anche grammaticali), mutazioni e più in generale fenomeni ascrivibili alle fonti esogene di rinnovamento linguistico.
in generale, è ragionevole affermare che poiché tutte le lingue hanno la necessità di poter esprimere le medesime cose (espressività linguistica), in ragione delle differenze culturali (in senso lato, tayloriano) e del principio di economia linguistica (martinet e, a braccio, anche zipf, mandelbrot e thom), ogni lingua alloca diversamente le proprie risorse, "mettendo" quella che noi percepiamo come difficoltà da una parte oppure dall'altra (ma essendo il livello di espressività linguistica uguale, rimane uguale anche il grado di complessità generale di una lingua). sostenere altrimenti è come sostenere che un gruppo di phrasal verbs è più facile o più difficile di un equivalente gruppo di verbi diversi. sono semplicemente diversi, no?