Nel più recente episodio di Battlestar galactica, nonchè penultimo della serie, alcuni personaggi bevono champagne. La cosa mi è sembrata poco realistica perchè lo champagne, per definizione, non può esistere in un'ambientazione che non comprenda la francia.
Riformulo la frase.
L'umanità è stata sterminata da una razza di robot umanoidi misticheggianti con problemi edipici e vaga per la galassia a bordo di astronavi in grado di compiere balzi a velocità superiori a quella della luce. L'aspetto poco realistico di questa storia è il nome di un vino.
Cosa caspita significa realistico? Chissà se gli autori delle varie opere fantasy o, in misura minore, fantascientifiche si pone mai seriamente questa domanda. Credo che qualcuno, probabilmente tra i migliori, lo faccia. Dovrebbe.
Se vogliamo essere realistici fino in fondo, un'opera fantasy non dovrebbe essere comprensibile. Non facilmente, almeno. Non senza un grosso sforzo da parte del lettore. Anche ammettendo che la razza umana sia anatomicamente la stessa, l'evoluzione della civiltà in un mondo completamente differente dovrebbe portare a usi e costumi completamente differenti.
Ci sarebbero alcune somiglianze di base: se le storie sono ambientate in un clima anche solo temperato esisteranno gli abiti per esempio, e anche in climi che non li richiedano probabilmente ci sarà almeno qualche forma di ornamento rituale. Ma non è detto che assomiglino a quelli che siamo abituati a vedere.
Ora, la ricerca del realismo non è sempre necessaria o anche desiderabile. La fantasy può essere anche fiabesco, in cui la questione diventa per così dire un realismo archetipico. Un cercare una correttezza simbolica più che una plausibilità reale. In questo caso aggiungere un realismo più terra terra potrebbe essere fuori luogo (anche se molta urban fantasy si basa proprio su questo contrasto).
Ma nel caso in cui ci sia un'operazione di world buliding, credo che un autore fantasy - un buon autore fantasy, almeno - confidi nella tendenza del lettore a sopravvalutare quali elementi sono più o meno intrinsecamente inevitabili.
Mi è capitato di sentire l'osservazione che una lingua è trasparente per chi la parla finchè non prova a impararne un'altra. Ovvero che le strutture linguistiche sembrano ovvie e naturali finchè non si acquista la consapevolezza di altre possibilità. Ecco, mi sono fatto l'idea che il realismo di un libro fantasy si basi molto su questa forma di trasparenza per cui l'abituale si confonde con il naturale.
E' naturale e realistico che le persone abbiano due braccia, due gambe, un naso, indossino giacca e cravatta, guidino un'automobile, bevano liquori, leggano libri, anche se di forma leggermente diversa per personalizzare l'ambientazione.
Champagne? Non lo bevo così spesso da considerarlo un fatto della natura alla pari della gravità o delle cravatte, quindi BANG! Eccomi sparato fuori dalla storia.
Chiaro che lettori diversi considereranno naturali cose diverse. Quidi in questo senso il realismo deve essere personalizzato per il pubblico che ci si aspetta di incontrare.
Deve essere mica tanto facile.
martedì 17 marzo 2009
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9 commenti:
Non conosco la cronologia di Battlestar galactica, ma immagino che l'invasione dei robot non sia avvenuta prima ancora che i francesi inventassero lo champagne. ^__^;;
Sarà stato spumante italiano, erroneamente tradotto. :D
Ma come hai detto tu stesso, se la pensiamo così non dovrebbe esserci alcun termine coincidente con l'omonimo terrestre... acqua? astronavi? presidente? colonie? Perchè mai tutto questo?
E il jazz? anche quello non dovrebbe esistere. O il pianoforte.
O non si accetta nulla, o si accetta che per puro caso sia stato dato un nome come champagne a dello pseudo-champagne.
Che poi non sappiamo se su qualche colonia è stato sviluppato un accento-cultura (bleah!) similgallico.
Senza considerare che le 13 colonie vengono dalla Terra. Magari i primi profughi ricordavano lo champagne e qualcuno ne era talmente appassionato da averne scritto o tramandato oralmente il processo di creazione.
Potrebbe anche esser sopravvissuto solo il nome, e chissà cosa stavano bevendo (chiamandolo champagne)...
@cmt: in effetti è un po' più complesso. Battlestar galactica è ambientato in un'epoca in cui la terra è solo più una leggenda. Presumibilmente il metodo champenoise è noto, ma lo champagne fa riferimento a un'area geografica specifica.
@valberici: astuto. Probabilmente era un moscato qualsiasi.
@tanabrus: infatti il mio rimuginare non era tanto su quello specifico dettaglio ma sul perchè *quello* mi abbia dato fastidio mentre altri (il pianoforte, il jazz, le cravatte, le automobili) no.
Poi, a botte di fanwanking si può razionalizzare qualsiasi cosa, ma ho trovato curioso che un aspetto assolutamente minore come quello abbia avuto quell'effetto. Da qui il mio rimuginare al riguardo e concludere che forse certe cose le accetto istintivamente perchè l'abitudine mi ha portato a considerarle come uno sfondo naturale del mondo: esistono le montagne, esiste il mare, esistono i pianoforti, più o meno allo stesso modo.
Beh, più che di realismo parlerei di coerenza con la situazione. Quanto all'episodio specifico, beh... se la serie si svolge in epoca così lontana nel futuro niente di strano che la gente beva quello che è chiaramente aceto (nella visione più ottimistica) credendolo champagne
@fed: infatti, si tratta di coerenza. E la cosa più bizzarra è che non deve essre coerente solo con l'ambientazione ma anche con le aspettative sull'ambientazione.
Un esempio pittoresco è un aneddoto relativo al film cloverfield. A quanto pare (non l'ho visto) c'è una scena in cui la testa della statua della libertà piomba giù in strada. A quanto pare l'avevano creata a grandezza naturale ma hanno dovuto rifarla più grande perchè il pubblico di prova l'aveva unanimamante giudicata troppo piccola per essere vera.
In questo caso il realismo richiede addirittura di discostarsi dalla realtà, ma in generale è buffo come reale e realistico siano in realtà parenti molto più lontani di quanto sembrerebbe naturale pensare.
Boh, forse è "tecnicamente sbagliato" riferirsi allo champagne, così come sarebbe sbagliato parlare, che so, del Porto, o del Parmigiano (anche se dubito che quelli Battlestar Galactica abbiano mai pasteggiato a Parmigiano): del resto, in Star trek veniva menzionato più volte il "sintalcol", generalizzando sulla tipologia di bevanda.
Tuttavia, forse una certa tolleranza su alcune incongruenze che inevitabilmente possono maturare nella costruzione di una storia fantasy o fantascientifica potrebbe essere giustificabile.
Ti faccio l'esempio di Guerre stellari: i fantastici caccia imperiali "Tie" (Tie interceptor, Tie starfighter e Tie Bomber) comparsi nella prima trilogia di Starwars (la mitica on Harrison Ford, tanto per intenderci); ebbene, questi caccia imperiali scorrazzavano per lo spazio lasciandosi appresso un rumore assordante quanto d'effetto. Però mi risulta (ma potrei sbagliarmi) che nello spazio la propagazione dei suoni non è possibile, a causa del "vuoto". Se ciò è vero (ripeto, non ne sono certo; la fisica non è un mio punto di forza), l'errore sarebbe grossolano, tuttavia, adoravo e adoro ancora veder sfrecciare quei bolidi nello spazio, con il loro caratteristico frastuono.
@mat: ti dirò di più: secondo me alcune incongruenze non sono solo accettabili, sono necessarie.
I caccia tie (ma poi perchè l'impero ha i tiè ma la ribellione non ha i vaffa!) sembrano più realistici perchè senti rumore che fanno avicinandosi. In "2001 odissea nello spazio" non ci sono suoni nel vuoto e l'effetto è proprio di creare la sensazione di qualcosa di innaturale.
Trovo che sia buffo, a pensarci
Ancora una volta mi trovi d'accordo. Bellissima la battuta dei caccia tiè e dei caccia vaffa! :-)
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